Tu sei qui: Lettere alla redazioneNo alle mode sagraiole: una battaglia di civiltà
Inserito da (ilvescovado), martedì 19 aprile 2016 09:18:36
di Raffaele Ferraioli
Lo "street food" impazza. Le sagre paesane proliferano. Nella società dell'opulenza si afferma una cucina da marciapiede, un mangiare da morti di fame.
Questa realtà induce a una qualche riflessione su questo fenomeno dei cui aspetti negativi pochi hanno consapevolezza. Una moda esplosa una decina di anni fa che risulta in forte espansione. Cerchiamo di capire quali possono essere le ragioni del suo successo.
Per sagra si intende, come l'etimo suggerisce, una festa religiosa da celebrare in occasione di una consacrazione: di un sacerdote, di un monumento, di un edificio religioso. Questo termine si è poi progressivamente esteso alle feste di paese, dedicate ai prodotti cosiddetti "tipici" locali. Qui scatta una prima considerazione in ordine al significato di tipico. Questo termine è assai abusato ma dovrebbe servire a identificare la stretta connessine tra un territorio, inteso come "terroir" alla francese e un suo prodotto che abbia caratteristiche identitarie irreplicabili. Accade invece che la sua accezione diventi ampia e generica, prestandosi, per questo, troppo spesso a equivoci. Da qui la necessità di ricorrere ad un aggettivo meglio calzante: "unico".
In ogni caso queste considerazioni appaiono poco incisive rispetto al proliferare di tali eventi, inizialmente di carattere religioso e poi trasformatisi in veri e propri "mangifici" durante i quali vengono propinati spesso cibi di pessima qualità, estranei al terroir e cucinati una schifezza. Altro che valorizzazione della tradizione e della cultura locale!
Andar per sagre significa, inoltre, imbattersi nelle denominazioni più curiose e disparate, che spesso fanno sorridere: Sagra dei mangioni, dei beoni, dei cucuzzielli, delle palle del ciuccio e chi più ne ha più ne metta. Quanto alla durata ci sono eventi che coprono intere stagioni, estendendosi nei weekend da Maggio a Settembre.
Vengono spontanee alcune domande: chi calcola il danno arrecato alle attività ristorative? Chi verifica il rispetto delle norme igienico-sanitarie? Chi accerta la correttezza degli adempimenti fiscali? Quanti danni provoca la tendenza a "chiudere un occhio" da parte degli addetti ai controlli? Senza considerare che certe abbuffate vengono organizzate con cibi scadenti o addirittura scaduti.
Ma l'aspetto più grave è che spesso questi eventi godono di contributi concessi dalle istituzioni pubbliche. E qui viene spontaneo un grido parafrasando Martin Luther King: "Io vi prego di essere... incazzati!"
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