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Storia e Storie

Regata, Repubbliche Marinare, Amalfi, Pisa, Genova, Venezia

La Regata delle Antiche Repubbliche Marinare raccontata da un protagonista: Gigino de Stefano

L'articolo di Luigi de Stefano sulle fasi e i protagonisti che videro la nascita della manifestazione che lega le quattro Repubbliche Marinare

Inserito da (Admin), mercoledì 9 ottobre 2024 16:02:28

Caro Sigismondo,
ho letto il tuo "ricordo" sugli albori della Regata e ti ringrazio per avermi citato come uno degli artefici, insieme a te, dell'organizzazione di una tra le più importanti manifestazioni che, ancora oggi, trova credito nel contesto del mondo turistico, storico e culturale. A giugno del 1997, su quella "prima volta" scrissi un articolo per l'edizione speciale de "Il Foglio Costa d'Amalfi" che mi fa piacere inviarti in copia. C'è, però, un'omissione. A precedere la Delegazione Amalfitana a Pisa fosti tu, caro Sigismondo, quale factotum del Comitato cittadino, ed il prof. Vincenzo Proto che assolveva le funzioni di Segretario. Noi arrivammo dopo ma, come ben hai accennato, senza Amodio che fu rappresentato, nella carica di primo cittadino di Amalfi e di Magistrato della Regata, dall'assessore Beniamino Amatruda.

Cordialmente,
Gigino

 

La Regata delle Antiche Repubbliche Marinare ogni anno, a rotazione, si svolge in una delle quattro città che, nel Medioevo, spinsero i loro traffici per tutto il Mediterraneo ed è sempre un ripetersi di entusiasmo e di ricordi, di storia e di folklore. Rievoca ed «esalta un passato - ebbe a dire uno dei suoi promotori, l'on. Francesco Amodio - che si confonde con la più luminosa speranza del domani nel nuovo ed operoso clima di pace e di progresso verso il quale si muovono l'Italia e gli altri Paesi del mondo». Amalfi, questa volta, ne ospita la XLII edizione e diventa un appuntamento importante dopo che un armo di veri campioni, con due vittorie consecutive, l'ha tirata fuori dalla brutta secca del "fanalino di coda" in cui, suo malgrado, era rimasta costretta per moltissimo tempo [si ricorda qui che l'articolo fu scritto nel giugno del 1997].
Un ritorno, perciò, che non nasconde l'attesa, l'entusiasmo, l'impegno, come la prima volta a Pisa - quel lontano 1° luglio 1956 alla presenza del Capo dello Stato Giovanni Gronchi e del Ministro per la Marina Mercantile Gennaro Cassiani - quando il corteo storico, le barche dalle polene dorate, lo slancio dei rematori, incantarono la folla di italiani e stranieri che riempiva le tribune e le vie, i balconi e le terrazze, per tutto il Lungarno. La prima volta, e gli Amalfitani si erano preparati al "grande evento" provando e riprovando i preziosi costumi realizzati da Roberto Scielzo - un poliedrico e valente artista napoletano che viveva a Positano - e sfilando di notte per prenderne dimestichezza e per meglio rendere i personaggi da interpretare. La Delegazione - che raccoglieva i figuranti, gli accompagnatori, i tecnici ed i componenti del comitato cittadino - partì in pullman da Piazza Flavio Gioia nel tardo pomeriggio del 29 giugno. I vogatori, invece, stavano già a Pisa da qualche settimana per fare esperienza con la barca a sedile fisso - costruita a Venezia nello Squero della Cooperativa Gondolieri presso la Riva degli Schiavoni - e benedetta, al momento del varo, dal Patriarca di allora Angelo Roncalli che successivamente fu Papa Giovanni XXIII sulla cattedra di Pietro. Un approccio difficile in quanto si trattava di un "galeone" a otto remi (di tipo sensile con girone alla pescatora e impugnatura libera) fornito di timone, castelletto di poppa e altre strutture decorative che, a vuoto, pesava ben 770 chili. Precedentemente, avevano dovuto allenarsi con i loro "gozzi", remando alla pescatora, e con l'unica pretesa di temprare i muscoli e di abituarsi alla sincronia delle palate.

Del gruppo amalfitano facevano parte anche Temistocle Cassone e Alfonso Della Monica diventati subito, singolarmente, il braccio destro di Scielzo (d'altronde, nessuno dei due voleva essere quello sinistro) e, quindi, eletti "a vita" custodi ufficiali dei costumi e soprintendenti alla vestizione dei figuranti. Incarico, questo, che anche per il futuro fu sempre assolto con grande passione e con spiccato senso di responsabilità. Tutto il materiale, racchiuso in due enormi bauli, venne affidato al camion "superveloce" di Cucù e alla stretta vigilanza di Quirino D'Amato. E, durante il viaggio, tra i tanti episodi che capitarono ce ne fu uno piuttosto divertente. Successe a Grosseto. Era quasi l'alba. Quirino aveva sorbito un caffè in un bar-motel e, per non lasciare troppo a lungo l'automezzo incustodito, si precipitò a raggiungerlo sfondando la vetrata che aveva scambiato per la porta. Fortunatamente, non si fece neppure una scalfittura ma volle risarcire il danno nonostante che il proprietario dell'esercizio non lo volesse affatto.La Delegazione amalfitana giunse a Pisa quando il sole era già alto. Trovò ad attenderla i vogatori che, immediatamente, si improvvisarono "guide turistiche" per una corsa a "Piazza dei Miracoli" ed una rapida visita alla Torre, al Duomo e al Battistero. Tra ricevimenti ufficiali e manifestazioni collaterali, volarono via il pomeriggio di sabato e la mattinata di domenica. Giunto il momento della sfilata, ciascun figurante indossò il suo abito medioevale e si lasciò riprendere, con la migliore disinvoltura, dai fotoreporter e dai cameraman appositamente accreditati per i servizi giornalistici e televisivi in Italia e all'estero. Splendido il Duca, superbi i Giudici e gli Ambasciatori, imponenti i Consoli ed i Cavalieri di San Giovanni, intrepidi gli Alfieri e i Trombettieri, fieri gli Arcieri e i Marinai, e per tutti fotografie e filmati a non finire. Finalmente il corteo, tra squilli di tromba e rulli di tamburi, e gli Amalfitani furoreggiarono per i loro costumi - ricchi di sete e broccati, di velluti e stoffe preziose, di dalmatiche e mantelli, di stoloni e omerali trapunti d'oro - che risvegliavano "il fasto splendente della vita repubblicana negli anni difficili intorno al Mille quando, cioè, sul ceppo della tradizione imperiale bizantina, si innestavano gli influssi dell'Oriente arabo e asiatico accanto a quelli del mondo longobardo e normanno".

Ad Amalfi si erano organizzati per seguire dai televisori, sistemati in Piazza Duomo e nei locali pubblici, la trasmissione in diretta della manifestazione. Al via della Regata, il morale stava alle stelle, però, man mano che i galeoni si avvicinavano al traguardo, andò calando sempre più di tono ed a tal punto da far perdere ogni speranza almeno per un piazzamento onorevole. Vinse Venezia e alla grande, precedendo Pisa, Genova e Amalfi. La dimostrazione, insomma, che nel canottaggio quello che conta non è l'abilità e la capacità di remare per mestiere o per diletto, bensì la tecnica e l'affiatamento che si acquistano, nei circoli e nei clubs, con una continua pratica sportiva, individuale e di gruppo, ma soprattutto con la partecipazione a competizioni sociali e federali. L'anno successivo, il "testimone" della Regata passò ad Amalfi. Era la seconda edizione e, comunque, la prima che gli Amalfitani andavano a vivere in casa propria. Una ragione in più perché l'impegno della Civica Amministrazione, del Comitato organizzatore, dell'Azienda di soggiorno, dell'Ente provinciale per il turismo, della popolazione, divenisse veramente eccezionale.

Palazzo San Benedetto si fece bello, si allungò la Piazza Flavio Gioia, si abbellì il Lungomare, si addobbarono le vie del centro storico, si costruirono le tribune, si potenziarono i servizi di ospitalità e di accoglienza. L'equipaggio, opportunamente rinnovato nei suoi ranghi, fu affidato alle cure di Matteo Testa che lo sottopose ad una preparazione marcata e costante dal punto di vista sia agonistico che atletico. Ferruccio Giovannini, un grosso "personaggio" del canottaggio pisano e un autentico "patuto" della Regata, non dormiva sogni tranquilli. Cercava, ad ogni costo, una formula capace di far vincere i suoi "aquilotti" e fittava motoscafi e barche a motore per registrare e filmare tempi di percorso e palate delle altre imbarcazioni che poi studiava, nel chiuso della sua camera d'albergo, con lo scopo di impostare e di risolvere la difficile equazione che avrebbe dovuto esprimere il "valore" del ritmo da imprimere alla voga durante l'intero percorso della gara. E arrivò il momento della manifestazione, interamente ripresa dalla televisione con la regia di Franco Morabito. Tra le autorità, il Presidente della Camera Giovanni Leone e molte personalità politiche e militari, civili e ecclesiastiche, della cultura e dell'arte. Tra gli ospiti "mondani", inoltre, la tabaccaia di Casale Monferrato, Maria Luisa Garoppo, campionessa di "Lascia o Raddoppia". Il corteo storico partì da Atrani ed ebbe il suo momento clou sulla scalea della Cattedrale, con il sole al tramonto che accendeva di fuoco i mosaici del Morelli sopra il frontone e con la gente assiepata nella piazza che ne seguiva, estasiata, la lenta discesa. La gara, purtroppo, lasciò nuovamente la bocca amara. I Veneziani, smentendo categoricamente i "moduli" di Ferruccio Giovannini, tagliarono vittoriosi il traguardo lasciandosi dietro i Pisani, gli Amalfitani e i Genovesi.

Era il 7 giugno del 1957 e la manifestazione si concluse con uno stupendo spettacolo di fuochi pirotecnici che riempì il cielo di mille colori e diede a tutti l'appuntamento per la prossima edizione che si sarebbe svolta a Venezia. Sono passati quarantuno anni da quel giorno, quasi mezzo secolo (gli anni trascorsi sono 51, riferiti alla data odierna), e si parla ancora di Regata come allora, più di allora, ed il merito va riconosciuto alla lungimiranza di quanti seppero lavorare perché si realizzasse nonostante la diffidenza espressa da qualche parte. Il 10 dicembre 1955, nel Salone Morelli di Palazzo San Benedetto, venne rogato l'atto costitutivo dell'Ente per la disputa del Trofeo tra le quattro Repubbliche Marinare Italiane. E la scelta di Amalfi volle essere un riconoscimento al sindaco Francesco Amodio che aveva subito creduto nei "valori" della Regata e si era entusiasticamente adoperato per coinvolgere nell'iniziativa le Municipalità e le Istituzioni che ne dovevano diventare i fautori ed i protagonisti.

© Luigi de Stefano (da: mondosigi, 7 giugno 2008)

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