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Storia e Storie

La Ravello di cent'anni fa: aspetti storici e sociali ai tempi della visita di San Massimiliano Kolbe nel 1919

Inserito da (redazionelda), lunedì 9 dicembre 2019 16:24:51

Salvatore Amato

Agli inizi del 1919, nel giorno dell'Epifania, l'Arcivescovo di Amalfi, Ercolano Marini, pubblicava la sua sesta lettera pastorale, dal titolo "Dopo la Vittoria", in cui, ripensando all'appena trascorso conflitto mondiale, auspicava un risveglio di fede, "perché - scriveva - nel multiforme tormento delle trincee i soldati hanno sentito il bisogno di Dio".

Di qui una serie di esortazioni per vivere nella società civile con onestà, per testimoniare l'esperienza della fede osservando i precetti ecclesiastici e le pratiche di culto. Non mancavano i riferimenti alle opere di giustizia sociale e a quelle di misericordia, al ruolo della donna nella società, che proprio nel 1919 aveva avuto sanzione ufficiale con la legge sulla loro capacità giuridica e sull'ammissione all'esercizio di tutte le professioni; il presule rivolge poi le sue attenzioni alla tutela della vita domestica e ai diritti dei lavoratori. Insomma, una serie di appassionate sollecitazioni per la ricostruzione in chiave cristiana del territorio costiero uscito dalla Grande Guerra.

Ma il conflitto, si sa, aveva portato via dalle nostre contrade molti giovani, che non fecero più ritorno in patria. I caduti ravellesi della Prima Guerra mondiale furono 31, le cui storie sono state puntualmente ricostruite, un anno fa, da Antonio Schiano di Cola nella pregevole pubblicazione dell'albo d'oro.

Proprio ai caduti in guerra, l'Arcivescovo Ercolano Marini, il 9 febbraio 1919, aveva dedicato un commosso tributo in occasione della solenne commemorazione avvenuta nella cattedrale di Amalfi.

Ravello, invece, aveva ricordato i suoi militari nel mese di gennaio, attraverso una celebrazione nell'ex Cattedrale, proposta del clero cittadino, cui il Comune aveva partecipato sostenendo le spese per la cera e per gli addobbi.

Terminata la guerra, l'azione governativa fu diretta all'opera di sviluppo infrastrutturale, attraverso alcune misure legislative che favorirono interventi straordinari per la realizzazione di opere pubbliche e per l'edilizia scolastica.

Era nota, infatti, sin da allora, la posizione di semi isolamento del Comune di Ravello, non solo per ciò che riguardava le vie di comunicazione con il capoluogo di Provincia, raggiungibile solo dal centro cittadino attraverso la strada provinciale, ma soprattutto per la mancanza di vie di trasporto necessarie allo sviluppo dell'industria turistica.

A tal proposito, il 5 gennaio 1919, il Consiglio Comunale nominava i consiglieri Pantaleone Mansi e Pantaleone Caruso a far valere gli interessi di Ravello nella progettazione del tratto ferroviario Nocera Inferiore-Amalfi. Dopo qualche mese, l'Ing. Achille Saggese, avendo verificato che tale iniziativa rientrava nelle condizioni previste dalla legge, presentava istanza per l'assegnazione di un contributo annuo per tutta la durata della concessione che permettesse la costruzione del tronco ferroviario progettato.

L'iniziativa della realizzazione di un collegamento ferroviario non era una novità per l'epoca, ma già dalla fine dell'Ottocento siamo informati su diverse proposte progettuali, tutte poi naufragate, che prevedevano il collegamento della Costa d'Amalfi con le principali arterie del traffico ferroviario.

Nel 1919, inoltre, veniva anche immaginato un progetto di filovia Salerno-Amalfi, a cura dell'ing. Bossio, ma anche questo tentativo non ebbe alcun esito.

Più praticabile era la proposta di realizzazione di opere pubbliche, in specie per migliorare la viabilità. A tal fine, il Decreto Luogotenenziale 7 febbraio 1919, n. 150, ripartiva l'assegnazione straordinaria di un miliardo di lire per l'esecuzione di opere di bonifica, porti, strade, ponti e di altre opere pubbliche.

Il Consiglio comunale di Ravello, perciò, deliberò la somma di lire 500 per la realizzazione dei progetti di massima per l'allacciamento delle frazioni con la rotabile provinciale. I progetti furono realizzati dall'Ing. Giacinto Piserchia e riguardarono l'allacciamento della località Civita con il Vescovado e del Vescovado con Piazza Fontana.

L'esigenza di creare una mobilità alternativa ai tradizionali percorsi pedonali che collegavano le frazioni al centro abitato era richiesta in maniera urgente, perché non erano ancora stati appaltati i lavori di manutenzione delle strade comunali danneggiate dal nubifragio del 24 ottobre 1910.

Per trovare una soluzione al problema era approvata la modifica al capitolato d'appalto, attraverso l'indizione di cinque distinti appalti, che riguardarono le strade: Strada S. Chiara, San Cosma, Vallone, Zia Marta e la strada di Cigliano.

Per quest'ultima, poiché l'evento franoso aveva provocato l'interruzione del transito pubblico, l'intervento richiesto era più urgente, anche a seguito dell'indisponibilità dei proprietari dei fondi adiacenti a consentire ulteriormente il transito nelle loro proprietà.

Le necessità connesse al momento di guerra avevano anche impedito la modernizzazioni dei servizi pubblici, segnatamente all'impianto di pubblica illuminazione e a quello telefonico.

Sul primo punto, il 14 agosto 1919, il Consiglio comunale approvava finalmente il contratto con il quale concedeva per vent'anni all'Ing. Ernesto Mascoli il servizio di illuminazione, che copriva non solo il centro abitato, ma anche le frazioni di San Martino, Torello e Castiglione. L'illuminazione veniva realizzata con 66 lampade a incandescenza, che venivano potenziate nelle sere delle maggiori festività e specialmente nei giorni della vigilia e della festa del santo patrono Pantaleone. L'orario di accensione delle lampade era regolato sul suono dell'Ave Maria del vespro fino all'alba e il canone annuo venne quantificato in lire 1600.

Il 1919 fu per Ravello anche l'anno in cui veniva inaugurato il servizio telefonico, il cui progetto prese avvio nel 1916, prevedendo il collegamento con l'ufficio centrale dei telefoni di Salerno. Ma il costo dei materiali, vertiginosamente elevato a causa del conflitto bellico, spinse l'amministrazione comunale a rinunciare al telefono diretto con Salerno, il cui impianto sarebbe costato 20 mila lire, e a scegliere la strada più economica collegandosi al centralino di Maiori.

La nuova perizia venne effettuata solo a metà del 1918 e i lavori procedettero molto a rilento a causa della difficoltà nel reperimento dei materiali per la realizzazione del collegamento, che venne inaugurato solo domenica 13 aprile 1919. Tra i messaggi augurali per l'avvio del servizio telefonico, oltre a quelli delle autorità governative ed ecclesiastiche, giungeva anche quello dell'avvocato amalfitano Salvatore Camera, futuro deputato nella XXV Legislatura del Regno d'Italia, che a nome del "Mattino" e del "Corriere d'Italia" auspicava per Ravello l'inizio di un nuovo benessere.

Ma il progresso della comunità passava anche per l'efficienza delle istituzioni culturali di base e per l'organizzazione del sistema scolastico comunale.

In tale contesto, fu ancora un provvedimento legislativo, il Decreto Luogotenenziale 6 aprile 1919, n. 846, ad aprire la strada ai provvedimenti dell'amministrazione comunale per la richiesta di concessione di sussidi e di mutui per la costruzione di edifici scolastici.

In base al decreto, il Consiglio comunale aveva ratificato d'urgenza una deliberazione della Giunta municipale relativa all'approvazione dei progetti per la sistemazione degli edifici scolastici principali, collocati nelle contrade Sant'Antonio e Piazza Fontana, per la somma di circa 44000 lire, la cui metà poteva essere finanziata dal Governo e la restante parte attraverso la richiesta di un mutuo alla Cassa Depositi e Prestiti al tasso agevolato del 3%, con l'obbligo di destinare in perpetuo ad esclusivo uso scolastico gli edifici che s'intendeva realizzare.

L'incarico per la progettazione degli interventi di edilizia scolastica venne affidato al geometra Graziano Carrano di Amalfi per la somma di lire 200.

Per lo sviluppo delle attività scolastiche, il 9 giugno 1919, veniva, inoltre, approvato il fitto del locale del monastero di Santa Chiara, in favore di Antonio Camera di Amalfi, a patto che la destinazione di parte degli ambienti fosse destinata all'istituzione della 5 e 6 classe elementare gratuite per i poveri, comprese le scuole di lavoro per le giovani ragazze.

I lavori domestici, che erano parte integrante dell'ordinamento didattico, furono oggetto di una curiosa deliberazione consiliare del 25 maggio 1919, allorché il consesso civico fu chiamato a determinarsi sull'opportunità dello scambio di sede tra i docenti Teresa Oliva e Domenico Del Pizzo.

Il Consiglio ritenne di non dare parere favorevole al trasferimento della Signorina Oliva a Scala, perché i lavori ‘donneschi' non potevano essere insegnati da un maestro e perché - concludeva il testo della deliberazione - "avvenendo lo scambio le giovanette non impareranno ad attaccare un bottone, POVERE FAMIGLIE!"

Anche la frazione Castiglione aveva presentato istanza per l'istituzione di una scuola di stato, avendo allora un numero di studenti residenti superiore a 40, e per questo, il 29 ottobre, il sindaco del tempo, Nicola Mansi, venne incaricato dal Consiglio di seguire l'iter per la realizzazione del desiderio della comunità periferica di Ravello.

Ma la vera novità scolastica di quell'anno riguardò l'istituzione dell'asilo infantile, per la cui realizzazione, il 30 aprile 1919, si tenne un incontro cui prese parte anche l'Arcivescovo di Amalfi. La proposta venne sottoposta al Consiglio Comunale di Ravello il 14 agosto successivo, e da essa sappiamo che alcune persone, di cui non si fa menzione, entusiasmate dalle bellezze di Ravello, si erano spontaneamente offerte a migliorare le condizioni del paese con impiantarvi un asilo infantile, purché il comune provvedesse al locale. L'amministrazione pensò di destinare all'asilo la chiesa della SS. Annunziata, che in quell'anno era di proprietà della Congrega di Carità, un ente di assistenza e beneficenza.

Dal quadro fin qui delineato, è evidente che la comunità ravellese uscita dalla guerra puntasse, grazie agli interventi straordinari programmati dal Governo, all'ammodernamento delle infrastrutture e dei servizi, che solo in minima parte riuscì a realizzare, limitatamente alla pubblica illuminazione e al servizio telefonico.

Per ciò che riguardò la viabilità e l'edilizia scolastica bisognerà attendere ancora il secondo dopoguerra, quando le misure straordinarie imposte dalla ricostruzione post-bellica e l'istituzione dei cantieri scuola favorirono l'avvio di una lunga attività edilizia, che tuttavia ha avuto una genesi proprio nell'anno 1919, attraverso una fervente attività progettuale.

Era questo, seppur a grandi linee, il contesto in cui, quell'estate di 100 anni fa, San Massimiliano Kolbe aveva vissuto il nostro territorio, facendo trasparire dal proprio diario di cronaca alcune delle esigenze di cui necessitava il territorio costiero in quell'anno e che puntualmente trovano riscontro, come abbiamo sentito, negli atti dell'azione amministrativa.

Ma, come è noto, il religioso polacco aveva raggiunto Ravello alla ricerca di testimonianze sulle origini di Fra Antonio Mansi, l'amico caro scomparso pochi mesi prima, e con il quale aveva condiviso la fondazione della Milizia dell'Immacolata, avvenuta il 16 ottobre 1917, nel Collegio Internazionale Serafico di Roma.

Il 23 aprile 1927, Pio XI elevava la Milizia alla dignità di Unione Primaria con facoltà di aggregare le unioni già erette o da istituire.

Agli inizi di gennaio del 1929, P. Giuseppe Palatucci otteneva le debite facoltà per fondare a Ravello una sede della Milizia dell'Immacolata, approvata dall'Arcivescovo di Amalfi, Ercolano Marini, e istituita con decreto del Ministro Generale dei Frati Minori Conventuali Alfonso Orlich.

Così anche la nostra città, visitata appena dieci anni prima da San Massimiliano Kolbe, aderiva alla felice intuizione spirituale che uno dei suoi figli migliori, Fra Antonio Mansi, aveva offerto alla Chiesa e alla storia.

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