Tu sei qui: Storia e StorieEnea: l'eroe stoico della speranza
Inserito da (PNo Editorial Board), lunedì 17 ottobre 2022 09:30:42
Di Lorenzo Imperato
"𝘕𝘦𝘴𝘤𝘪𝘰 𝘲𝘶𝘪𝘥 𝘮𝘢𝘪𝘶𝘴 𝘯𝘢𝘴𝘤𝘪𝘵𝘶𝘳 𝘐𝘭𝘪𝘢𝘥𝘪" è il commento, divenuto celebre, di Properzio all'opera di Virgilio. Una sorta di Iliade romanizzata secondo molti critici letterari, eppure già da quelle che convenzionalmente vengono ritenute le prime parole del poema (𝘢𝘳𝘮𝘢 𝘷𝘪𝘳𝘶𝘮𝘲𝘶𝘦 𝘤𝘢𝘯𝘰) si può facilmente dedurre il progetto impegnativo di questo lavoro, straordinariamente portato a termine dal poeta mantovano. Se nella parola "𝘢𝘳𝘮𝘢" vi è l'intenzione di esaltare le gesta della guerra già mirabilmente cantate da Omero nell'Iliade, nell'espressione "𝘷𝘪𝘳𝘶𝘮" si trova il desiderio di raccontare l'uomo, nella profondità del suo essere, descriverlo in tutte le sue fragilità, raccontarne la condizione a tratti miserabile. È incredibile dunque, come le prime parole segnino già alla perfezione le peculiarità del personaggio di Enea, eroe sì, ma soprattutto uomo che conosce il dolore e la sofferenza. Questo spiega il processo evolutivo che trasforma la τύχη di Achille nell'Iliade, nella 𝘱𝘪𝘦𝘵𝘢𝘴 di Enea, che richiama più alla figura di Ettore. Il troiano Enea è quindi l'uomo forte che salva il padre ed il figlio dalle fiamme e li porta con sé, dove i fati lo condurranno, ma è anche l'eroe del dolore, dell'introspezione, che fa i conti con la sua dimensione interiore, che subisce con silente accettazione le avversità della vita. La figura di Enea, non è inedita nel campo letterario, molti autori hanno ispirato Virgilio nella sua opera, tuttavia questa è unica nel suo genere e l'originalità sta proprio nelle caratteristiche del protagonista, così lontano dall'eroe greco. Questo si può infatti definire, a ragione, il primo vero eroe romano descritto nella letteratura, in quanto rispecchia in pieno il desiderio di pace che i romani nutrivano sotto Augusto. La guerra infatti è vista come sacrificio e quindi dolorosamente accettata con rassegnazione, così come il lavoro, necessario al raggiungimento degli obiettivi preposti. Enea incarna perfettamente la filosofia stoica, portandoci, con il suo mirabile esempio, a credere che il bene si raggiunga solo passando attraverso il travaglio ed il dolore che vanno accettati con rassegnazione, proprio perché conducono al bene. Non esiste dunque evento nefasto, né avversità o sfortuna che possa fermare la nostra missione di uomini, che è quella di cercare il bene e la pace, sempre e comunque. Un'altra particolarità del complesso carattere del personaggio virgiliano è il senso elevato della rinuncia: Enea è pronto a sacrificare tutto, finanche l'amore per adempiere al suo dovere, per svolgere il compito che gli è stato assegnato.
Nelle prove della vita, il "𝘱𝘪𝘶𝘴" è in grado di tenere sempre accesa la fiaccola della speranza, che mai si consuma nonostante la nostalgia della patria e l'incertezza per il futuro che lo attende. Tuttavia non mancano i momenti di debolezza, ottemperati da una piena fiducia verso l'operato degli dei: nel libro III, in preda alla paura per l'ignota destinazione che attendeva lui e gli altri superstiti, Enea prega Apollo di "discendere nella sua anima e di indicargli il cammino" ma anche di salvarlo dal "potente dolore che lo attanaglia". Preghiera che sarà presto esaudita.
L'Eneide è quindi, per molti aspetti, una impietosa riflessione che coinvolge l'uomo di ogni tempo, un invito ad abbandonare le strade facili della rinuncia e ad impegnarci per divenire, non senza fatica e sofferenza, costruttori di felicità!
* In foto "Fuga di Enea da Troia" di Federico Barocci - Olio su tela, cm. 179 × 253
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