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Storia e Storie

Conversazioni, Estate, Discussione, Tematiche, Chiesa

Conversazioni sotto l'ombrellone con don Vincenzo Tajani: «Veramente il Cristianesimo è ai suoi titoli di coda?»

La tematica scelta è scaturita da un recentissimo libro, opera di un giovane prof. universitario di filosofia - conosciuto da Don Vincenzo - dal titolo: “LA FINE DEL CRISTIANESIMO”. Ma la domanda che “sgorga” immediatamente dall’analisi del libro è questa: ma siamo davvero arrivati alla fine del cristianesimo?

Inserito da (Admin), venerdì 9 agosto 2024 15:57:06

di Alberto Quintiliani -

Quest'anno, dopo il lungo periodo negativo connesso al covid, Don Vincenzo (alias "Vostra Beatitudine", come da sua prediletta definizione) ed io, Alberto Quintiliani, suo consueto interlocutore nelle nostre conversazioni estive, abbiamo convenuto di riprendere i nostri tradizionali incontri sotto l'ombrellone, che, alla nascita, si intitolavano appunto "Conversazioni sotto l'ombrellone con Don Vincenzo".

Ma quest'anno, insieme a Don Vincenzo, abbiamo ritenuto di allargare il "brain storming" dei partecipanti agli incontri con due nuovi ingressi:

  • Il nostro comune amico Giuseppe Roggi, esperto rappresentante dei pensieri e del mondo dei giovani
  • La prof.ssa Anna Maria Tagliamonte - che con noi ha già collaborato in qualche scritto precedente, come autorevole rappresentante della scuola e anche lei conoscitrice del mondo dei giovani studenti;

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La tematica scelta è scaturita da un recentissimo libro, opera di un giovane prof. universitario di filosofia - conosciuto da Don Vincenzo - dal titolo: "LA FINE DEL CRISTIANESIMO". Ma la domanda che "sgorga" immediatamente dall'analisi del libro è questa: ma siamo davvero arrivati alla fine del cristianesimo?

Dopo questa premessa possiamo dare inizio al dibattito che - come ho indicato sopra - oltre alle due nuove "new entry" comprende anche la mia "storica" partecipazione, come è sempre stato nelle "Conversazioni sotto l'ombrellone con Don Vincenzo", con l'importante iniziale intervento di Giuseppe - che io chiamo amichevolmente Mons. Roggi, perché lo vedo perfettamente a suo agio in "abito talare" e colletto ecclesiastico - e che entra subito in gioco, con argomentazioni indirizzate proprio, per sua opportuna competenza, a Don Vincenzo:

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"Caro Don Vincenzo,

Le voglio rivolgere una domanda a cui, di sicuro, saprà darmi una esaustiva risposta:

il Vaticano ha scomunicato mons. Carlo Maria Viganò, ex ambasciatore della Santa Sede negli Stati Uniti. Lo si vedeva apparire solo in video con messaggi dal tono sempre apocalittico, con omelie diffuse attraverso siti e blog affini alla sua visione del mondo e della Chiesa. E' diventato un leader della folta schiera No Vax e No Pass, ha assunto le difese di Putin sostenendo che la cabala globalista ha voluto la guerra. Il tanto discusso Dicastero per la Dottrina della Fede ha annunciato la scomunica latae sententiae per il delitto di scisma. La sentenza è stata emessa dopo le sue affermazioni pubbliche, dalle quali risulta il rifiuto di riconoscere e sottomettersi al Sommo Pontefice, della comunione con i membri della Chiesa a lui soggetti e della legittimità e dell'autorità magistrale del Concilio Ecumenico Vaticano II. Nel 2024, la Chiesa di Bergoglio continua a ricorrere a mezzi arcaici che non destano più 'timore', anzi sembra incrementare sempre di più il numero di preti che accusano il Papa di essere un 'eretico' per le sue 'aperture' al mondo. Come può la Chiesa Universale porre fine a questa diffusione (questa si metastatica) del trash al suo interno?

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"Caro Peppe Roggi,"

la Chiesa è nata povera, costituita da 12 (-1) pescatori, forse illetterati, bruciati dal sole ardente per la pesca estiva o inzuppati di acqua per la pesca nei mesi invernali, sono stati invitati da Cristo a continuare il loro mestiere (Mt 4, 19 - faciam vos fieri piscatores hominum) per gettare la loro rete non più nel mare infinito abitato da cetacei piccoli e grandi, bisognosi solo di acqua per vivere e sopravvivere, ma nel grande mare agitato da uomini, che albergano nei meandri profondi della vita e nei sotterranei, oscuri e nascosti, ben più pericolosi, insidiosi, prodotti e costruiti da una società di uomini anche essi desiderosi, che hanno piantato i tentacoli del diritto della forza anziché della forza del diritto in caverne costruite dall'acqua della libertà, dell'onore, del desiderio di dominio e di potere malsano, dove il diavolo la fa da padrone e da attore primordiale, poiché mundus totus positus est in maligno, soffiando il suo alito maleodorante perfino nei gangli del Vaticano, come ebbe a dire un Papa della nostra storia moderna cattolica. La sete di potere e di onore spesso offusca anche le anime elette e consacrate, che, in combutta con il diavolo infiltrato e tentatore, si lasciano trascinare e andare, concettualmente parlando, lontani dalla fede e dalla teologia cristiana cattolica. E se il desiderio di emergere, di governare, di avere potere e onore, consiglia queste anime di fare proseliti, allontanandosi dalla retta vita, dimenticando le parole del primo Papa, Pietro, che osò dire a Cristo: tu solo hai parole di vita eterna, e costituendo una setta sfruttando l'adesione sconsiderata al capobanda, di gente non contenta, di persone forse caratterialmente instabili, che, nel caso Viganò, azzardano addirittura a osannare e proclamate l'ex ambasciatore addirittura Papa, allora veramente non basta una scomunica canonica, come quella latae sententiae per eliminare il male, allora ci vuole qualcosa di più costringente. E se è vero che solo il Signore può vincere la battaglia contro il demonio, gridando le stesse parole autoritarie pronunziate al demonio che possedeva un uomo, di cui nel vangelo: TACI, ESCI DA QUEST'UOMO, la Chiesa deve pur fare la sua parte, non certo rinunziando ‘ai mezzi arcaici' che restano validi come ad esempio quello della scomunica, perché la Chiesa è innanzitutto un ente morale, spirituale, divino, ma deve rinnovarsi, deve rivedere, a mio avviso, la formazione seminaristica di coloro che intendono ascendere al sacerdozio. Magari abolire i seminari addirittura e tornare al periodo prima del concilio di Trento, che ha voluto che venissero istituiti i seminari nelle diocesi, e affidare i futuri sacerdoti al proprio parroco, che ne diventa un padre spirituale a portata di mano, e alla propria comunità di residenza, facendo in essa esperienza di vita umana in attesa di quella sacerdotale in loco, frequentando la facoltà di teologia. Come fanno tutti i giovani, che intendono raggiungere il traguardo della laurea, non in vitro, ma all'aperto, nella battaglia quotidiana del crescere e formarsi senza tanti grilli con la testa. Il sacerdote non è l'uomo degli onori, degli abiti liturgici ornati di frange dorate, di sperare di diventare Vescovi o Papa, di auspicare consensi umani, no, il sacerdote è soltanto un ambasciatore di Dio, un precursore della Divinità trinitaria, un essere mangiato dalla gente, in definitiva un profeta nel suo tempo, un testimone autentico, che potrebbe dire con San Paolo: siate imitatori di me, come io lo sono di Cristo. I mezzi arcaici sono esclusivi e di pertinenza della Chiesa, - e sono necessari per evitare scismi nella Chiesa: quanti scismi della Chiesa, in certi periodi, abbiamo avuto addirittura tre papi: situazione scandalosa, moralmente e istituzionalmente inaccettabile, ma di una Chiesa, che, in casi particolari, come abuso dei minori o atti consimili, si è avvalsa e si avvale ancora tuttora del braccio secolare della giustizia umana.

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Prendo adesso la parola, io, Alberto Quintiliani, per inserirmi in qualche contenuto espresso da Giuseppe Roggi:

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"Carissima Vostra Beatitudine,

inserendomi nella domanda di Peppe, e prima della risposta di vostra Beatitudine, vorrei ampliare il ventaglio delle argomentazioni fin qui esposte con alcune mie considerazioni: quanto detto da Giuseppe mi porta infatti diritto all'interno dei concetti espressi anche da lui, concetti su cui chiediamo di conoscere le Vostre competenti analisi.

Nelle conversazioni intercorse con Voi abbiamo più volte toccato l'argomento delicato introdotto da Giuseppe, relativo alla figura del Santo Padre Francesco (Ciccio, come affettuosamente lo chiamate Voi!), i suoi comportamenti interni-esterni ed i rapporti con le altre strutture "umane" della Chiesa. Ho avuto modo di sottolineare più volte come in questo periodo molto difficile che caratterizza il pianeta in generale su più fronti: economico, sociale, politico, e in ultimo -"last but not least"- le guerre in atto ecc. la figura del Santo Padre stia assumendo un ruolo sempre più importante e visibile, in parte assimilabile - con tutto il dovuto rispetto - ai maggiori esponenti politici internazionali, a cui molto spesso indirizza i suoi accorati appelli. Anche sul versante organizzativo interno i comportamenti del Papa rappresentano un vento nuovo che sta spazzando via le numerose "ragnatele" di cui la Chiesa è ancora purtroppo impregnata. Tuttavia questo nuovo "modus operandi" non è sempre condiviso ed accettato da quella parte della Chiesa tradizionale ancora permeata dai pregressi fasti e dall'autoreferenzialità, rispetto alla frugalità del Santo Padre. Intendo soprattutto riferirmi alla "congrega dei cardinali" che ha sempre rappresentato una sorta di "casta" all'interno della Chiesa, per cui il ridimensionamento del suo ruolo avrebbe senz'altro costituito un freno all'opera di rinnovamento della "Chiesa pellegrina sulla terra", voluta dal Santo Padre, molto più attenta invece alle condizioni di vita delle persone, alle diseguaglianze e alla giustizia sociale. Questo freno, latente seppur presente, rappresentato da alti esponenti della gerarchia ecclesiastica, era evidente che prima o poi avrebbe costituito all'interno di queste "Alte Strutture Ecclesiastiche", spesso sotto i riflettori dei "mass media", una sorta di opposizione di sapore politico, con l'obiettivo di relegare gli interventi ed i numerosi messaggi del Papa, rivolti sia all'interno della Chiesa, sia alle più importanti strutture esterne, ma anche ai potenti della terra, ad una sorta di "vox clamantis in deserto". Lo stesso dicasi anche per i coraggiosi e "rivoluzionari" attacchi che Papa Bergoglio indirizza continuamente alle "lobby" delle armi, allo strapotere della "finanza" e del "dio denaro", che governano indisturbati ed incuranti di tutto il nostro Pianeta....

Quanto fin qui detto mi porta adesso diritto all'interno dei concetti espressi anche da Giuseppe: quale futuro caratterizzerà la Chiesa?...e la stessa Chiesa sarà in grado di governare efficacemente i notevoli, profondi e difficili cambiamenti in atto?....ma soprattutto il Cristianesimo, così come conosciuto dalla "notte dei tempi "è davvero arrivato ai "titoli di coda"?????........

A Voi, Cara Vostra Beatitudine, chiedo una parola di conforto che ci faccia uscire da questi foschi periodi, porti all'orizzonte squarci di sereno, ma soprattutto alimenti e mantenga viva la "fiammella della speranza" a cui tutti siamo attaccati per un futuro migliore........

 

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"Caro Alberto",

sono sempre di più affascinato, e nel contempo sconcertato, di Cristo-Uomo, ma piacevolmente portato a meditare sulla umanità di Cristo, sui i suoi atteggiamenti e comportamenti umani, addirittura sui suoi sentimenti umani e umanitari con cui si rapporta con la gente. E la frase ricordata nella Sacra Scrittura dell'antico e del nuovo testamento, che mi impressiona maggiormente è la frase: ebbe compassione. Già nell'Antico Testamento ci si incontra con la parola ‘compassione', ad esempio, nel 2Re, quando il Signore ebbe compassione del suo popolo e tornò a favorirli a causa della sua alleanza, così in Ezechiele 16,5, quando il Signore si fa scrupolo di non aver avuto compassione del suo popolo, e nel Nuovo Testamento, in Mt 18,27, quando parla del padrone della parabola che ebbe compassione del servo, e ancora in Mc 1,41, quando ebbe compassione del lebbroso, tese la mano, lo toccò contro la mentalità del tempo, ancora in Mc 1, 41 quando ebbe compassione della grande folla (cinquemila uomini senza contare le donne e i bambini) e si mise ad insegnare perché erano come pecore senza pastore, addirittura pianse nella morte del suo amico di Lazzaro e alla vista della città pianse su di essa. E mi taccio qui per non tediarti delle tantissime volte, raccontate dal vangelo, in cui Gesù si comporta alla stessa maniera, anzi in modo ancora più intenso qualche volta, come quando nel Getsemani tutto il suo corpo ‘pianse' fino alla sudorazione di sangue, (fenomeno dell'ematoidrosi, e alla effusione di sangue sull'altare (o sulla sedia regale?) della croce. Forse ti stai meravigliando come mi stia introducendo a rispondere alla tua domanda. Ma se mi segui, comprenderai il perché di questo inizio introduttivo della mia risposta alla tua domanda, che potrebbe essere così formulata: ma perché il Papa concettualmente si riferisce ai grandi della terra, a coloro che hanno nella mani i destini dei poveri, e non, invece, appunto ai poveri? La Chiesa, nella sua voce e negli atteggiamenti si comporta come lo scriba divenuto discepolo del regno dei cieli (Mt 13,52), simile al padrone di casa, che estrae dal suo tesoro cose nuove e cose antiche. La Chiesa, nel suo cammino millenario, non rigetta il passato, ma fa nuove tutte le cose (Ap. 21,5). Che cosa sono i vari concili, tappe nell'incedere della chiesa, tra persecuzioni, cambiamenti di stili di vita familiare, sociale, internazionale, addirittura mondiali, se non presa di coscienza di essere e di continuare ad essere, nel mondo contemporaneo, luce, verità esistenziali, punto e luogo di riferimento, dovere morale sotto la guida dello spirito santo. Ci siamo meravigliati e lasciati un pò perplessi allorquando udimmo dalla loggia pontificia pronunziare il nome, Francesco, del neo eletto alla guida della barca di Pietro. Nomen omen, era tutto un programma di vita e di esercizio di lavoro. Aveva scelto francescanamente il ruolo di Dio dell'Antico Testamento, il paracletos, l'avvocato, il difensore dei poveri, degli umili e degli ultimi, degli emarginati dalla società, facendosi voce di chi non ha voce, altoparlante dei loro problemi. Ma a chi si deve rivolgere l'avvocato, all'imputato oppure a chi tiene in mano il suo destino, ai potenti della storia, ai dominatori di questo mondo. Il munus del papa pro tempore è quello di camminare con la storia, di cavalcare l'orientamento della vita familiare, sociale e mondiale. Il Papa è il difensore della fede e degli ultimi, il Papa è un uomo alla pari degli altri suoi simili e omologhi, e deve comportarsi alla pari, confrontarsi a testa alta con coloro che si credono gli unici dittatori di leggi che spesso uccidono i popoli e non tengono conto della persona. Il Papa avverte l'urgenza di costituire e costruire un mondo a misura d'uomo. In fondo deve misurarsi con i potenti della terra, per cambiare situazioni disumane, come la guerra, il dispotismo, il dittatorismo dominante in alcuni paesi di questo mondo odierno, per darsi voce di chi non ha voce, anche lui ‘compassionevole' come Cristo, di cui intende prendere come esempio di vita di ufficio, parlando con i potenti della terra per cambiare situazioni di povertà, di immoralità, di sottomissione dettata dalla paura, di limitazione della libertà di parola e di comportamento. Questo modo di essere, di vivere, di operare francescanamente, rendono il Papa, sotto i raggi dei proiettori, non tanto come un detentore di teologia e di fede cattolica, ma come un politico combattente; la politica dei detentori del pensiero dominante intendono non condividere questa intrusione di un Papa nelle vita politica e sociale, e spesso trovano cavilli di accusa e di inadeguatezza al ruolo spirituale entro cui dovrebbe, a loro parere, autocostringersi e racchiudere il suo munus papale. La metodologa politica di questo nostro tempo, di cui si avvalgono i vari politici per farsi propaganda, sfocia nelle accuse dell'avversario politico, cui spesso Papa Francesco viene classificato dai giornali. Qualche accusa è davvero becera e sporca, come l'epiteto di eretico, di usurpatore del ruolo, un manipolatore implicato nelle beghe elettive del conclave. Papa Francesco non ha bisogno di farsi propaganda elettorale, ma intende seguire le orme del suo Signore Gesù Cristo, il quale ‘aveva compassione' dei poveri, ma il suo messaggio profetico era come una battaglia giornaliera contro i potenti del suo tempo, i sacerdoti del tempio, i sadducei, i farisei, gli erodiani, i rabbini, i detentori del potere, perché si impegnassero a risollevare le sorti della povera gente. Così è Papa Francesco, come Cristo, come Pietro, come il suo santo protettore, come Paolo, che prossimo alla fine, nel congedarsi dalle comunità cristiane da lui fondate, diceva: Ho combattuto la buona battaglia, ho terminato la mia corsa, ho conservato la fede. Ora mi resta solo la corona di giustizia che il Signore, giusto giudice, mi consegnerà in quel giorno; e non solo a me... (2 Timoteo 4,7-9). Francesco, portandosi nel cuore la "compassione" verso i poveri, combatte per loro la sua battaglia di Pastore del gregge contro i grandi della terra. Non è un ‘politico', è solo un uomo che sotto l'azione dello Spirito Santo, cerca di aiutare la classe dominata contro quella dominante; e, per far intendere ai non credenti, per dirla con Marx (il Capitale) e con Gramsci (Gli intellettuali).

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Conclude la serie delle analisi e delle domande rivolte dagli interlocutori di "Vostra Beatitudine" la Prof.ssa Anna Maria Tagliamonte

 

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"Caro don Vincenzo

Quello che mi sento di rispondere personalmente al tema che ci siamo proposti è che non siamo e non saremo alla fine del Cristianesimo perché il Cristianesimo non è iniziativa umana. Lo Spirito Santo opera nella storia dell'uomo di ogni tempo e di ogni luogo, traendo il bene anche dal male. Pare che la desacralizzazione e la scristianizzazione accompagnino il destino dell'uomo occidentale e che lo stesso non abbia più bisogno di affidarsi, come un tempo, alla religione, ma noi siamo a immagine di Dio e nessuna civiltà dominata dal nichilismo relativista e dalla potenza tecnoscientifica può cancellare tale verità. Se adesso pare che a prevalere sia il consumismo e il modernismo nichilista, nell'intimo del suo cuore l'uomo avrà sempre nostalgia dell'Eterno e non so come, giovani e lattanti, adulti e adolescenti, da Lui torneremo."

 

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Cara Prof. Annamaria

in apparenza tutto sembra condurci a dire e, forse, anche a pensare che il Cristianesimo stia al caffè. Il mondo umano pare che si affretti a crearsi un vitello d'oro, a riconoscere il proprio dio adorando il dio Baal della storia dell'antico Israele. La tecnologia, l'intelligenza artificiale, la scienza medica e chirurgica, l'ondata degli esuli e degli emigrati, le guerre, i campi di concentramento, e mi taccio sul piano morale, sociale, familiare, culturale, scolastico, scientifico, tutto concorre a che l'uomo moderno si stia adoprando a far propria la tesi di Feuerbach che affermava che è l'uomo a creare dio anziché Dio a creare l'uomo. Anzi, l'uomo odierno sta procedendo a togliere e gettare nella spazzatura anche i segni fondamentale del Cristianesimo: ha tolto il presepe sostituendolo con l'albero, ha tolto l'uomo crocifisso sulla croce e poi ha proceduto a togliere anche la croce, perché dava fastidio e incuteva terrore ai bambini di altra religione o di altra cultura. Alla chiesa, che è il Corpo di Cristo e ai suoi ministri, si cerca di tarpare la bocca, di eliminare la voce, si fa una lotta spietata e sanguinosa, e se si pensa alle persecuzioni, è di dominio pubblico che la religione cattolica è l'unica religione più perseguitata. Vengono uccisi i cristiani, specie i missionari; il che ci riporta alla dieci persecuzione dei primi tre secoli dell'era cristiana. Oggi si pensa a tutt'altro che a Dio, alla sua incarnazione, alla sua passione e morte, alla sua risurrezione. Si pensa a crearsi dei beni terreni, mangiare, bere, divertirsi, o, come dice S.Paolo, cuius deus venter est. E quello che principalmente concorre a che il cristianesimo si trovi nel pensiero dominante alla fine della sua storia è: la mancanza della cultura cattolica; anche l'uomo di cultura non si sofferma sulla bellezza, sulla logicità, sulla bellezza, sulla coerenza della teologia cattolica, sulla meditazione del dato cristiano, dei sacramenti, in definitiva non fa come ci dice Luca nel suo vangelo a proposito di quello che faceva la vergine Maria, che ‘da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore' (Luca, 2,19). Manca l'approccio e l'approfondimento della nascita della chiesa, della sua storia. L'uomo moderno crede in se stesso, in una società senza costrizione, senza leggi divine. Se l'uomo moderno, distratto purtroppo da molte vicissitudini personali, sociali, familiari, mondiali, capirebbe che la storia umana, quella che chiamiamo normalmente storia civile, è una storia condotta da due coprotagonisti: Dio e l'Uomo, che la storia in definitiva è una storia di amore e di salvezza, è una storia sacra. E già così basterebbe a sollecitare il mondo umano ad avvalersi del cristianesimo, e a non perderlo tra le maglie di una prosopopea fuori luogo, e a non recitare l'eterno riposo. Il cristianesimo è vivo e vegeto. Un giorno a pranzo in Francia si trovarono l'uno accanto all'altro il futuro Giovanni XXIII e il ministro degli esteri, il quale uscì in questa espressione: 'Eccellenza adesso metteremo fine noi al cristianesimo' e il futuro Papa gli rispose : Eccellenza non siano riusciti noi dal di dentro, come potreste farlo voi dal di fuori? Saggia risposta, che ricorda le parole di Cristo che ebbe a dire a Pietro che emetteva la sua professione di fede: ‘E io dico a te: tu sei Pietro e su questa pietra edificherò la mia chiesa e le potenze degli inferi non prevarranno su di essa' (Matteo 16,18). Ad avvalorare la tesi della vita e della sussistenza storica del Cristianesimo fino alla fine del mondo sono innanzitutto le parole di Cristo Gesù che ha espresso con altre frasi del Vangelo: (Mt 28,20): ‘ Ed ecco io sono con voi tutti i giorni, fino alla fine del mondo'; (Gv 14,16): ‘Io pregherò il Padre ed Egli vi darà un altro Paraclito perché rimanga con voi sempre'; (Gv 16,4) ‘non parlerò più a lungo con voi, perché viene il principe di questo mondo; contro di me non può nulla'; (Gv 14,18): ‘Io non vi lascerò orfani, verrò da voi'). E chiudo con l'ultimo libro del dato rivelato, l'Apocalisse, che esprime al meglio l'attesa dell'uomo, il suo impegno per difendere la perseveranza della fede del Cristianesimo, la sua collaborazione con Dio nel costruire la storia, la storia della salvezza fatta di amore e di perdono, di morte e di risurrezione, di dolore e di gioia, soprattutto di presenza continua di Gesù, che scompare ma che è atteso: Apocalisse 22,20: Colui che attesta queste cose dice: Si, vengo presto. Amen. Vieni, Signore Gesù.

Lui, Cristo, verrà di nuovo sulla terra, e con il suo Spirto sta con noi, ma il mondo umano resta con Lui? Lc 188: Ma il figlio dell'uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?): Tutto è nelle nostre mani, nella nostra INTELLIGENZA, nel nostro CUORE, nella nostra ESPERIENZA DI VITA, nella nostra RISPOSTA a questo mistero sconvolgente di Dio che si incarna, che muore ucciso, ma che poi risorge, infine ascende al cielo con la promessa che verrà di nuovo. Il Cristianesimo non è alla fine, semmai è ancora agli inizi.

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