Tu sei qui: Storia e StorieAndrea Mansi, trovato filmato dell'esecuzione del marinaio ravellese nelle Quattro Giornate di Napoli [VIDEO]
Inserito da (redazionelda), sabato 27 gennaio 2018 10:07:10
È stato segretato per oltre settant'anni. Per anni ne abbiamo atteso la pubblicazione e finalmente ieri il filmato della crudele esecuzione del marinaio ravellese Andrea Mansi, avvenuta il 12 settembre del 1943 sulla scalinata dell'Università Federico II di Napoli ad opera dei nazisti è stato proiettato nel corso di una cerimonia organizzata dalla Fondazione Valenzi dal titolo "Memoriae" svoltosi alla Stazione Marittima (il video di Repubblica Tv in basso).
Poco più di due secondi e 59 fotogrammi che documentano uno degli episodi più tragici avvenuti a Napoli durante l'occupazione nazista: nel pomeriggio del 12 settembre 1943 i tedeschi diedero fuoco all'università "Federico II" e giustiziarono sullo scalone centrale dell'ateneo un marinaio, Andrea Mansi, davanti a una folla di napoletani in ginocchio costretti ad applaudire.
Una sequenza terrificante riportata alla luce dal video, ritrovato in una bobina datata 1950 da un consulente ambientale laureato in Scienze storico-politiche. Ricercatore per passione, Enzo Delehaye ha setacciato gli archivi cittadini alla ricerca di notizie e si è ritrovato tra le mani quei brandelli del 1943 in cui il fumo che esce dalle grate della Federico II fa da sfondo alla morte del giovane marinaio che cade al rallentatore sotto i colpi di un tedesco. Il tempo si ferma per un attimo. Poi i napoletani costretti ad assistere in ginocchio si alzano in piedi e devono applaudire per non essere uccisi.
Ieri, alla cerimonia erano presenti alcuni testimoni di quel terribile pomeriggio come Maria Rosaria Petino, figlia del custode dell'università che all'epoca aveva solo 5 anni ma ricorda flash di quell'episodio (nel video in basso la testimonianza).
«Da anni effettuo ricerche sulle Quattro giornate - ha spiegato Delehaye -. In alcuni fonti storiche si parlava di questa pellicola girata forse da un tedesco o da un operatore napoletano e l'ho ritrovata in una pizza del 1950 più ampia». Il ricercatore ha ragionato su quel video: «L'episodio risale al 1943, il filmato si trova in una bobina del 1950. Nel video si vede una grata del portone della "Federico II" bucata: fu colpita da una cannonata poco prima dell'incendio e riparata dal rettore Adolfo Omodeo solo nel 1944. Quindi il filmato deve essere originale. Nessuna fonte parla infatti di finzioni sceniche girate in quel periodo a Napoli».
Era l'alba del 12 settembre 1943. Un giovane marinaio di leva di Ravello, Andrea Mansi, classe 1919, faceva ritorno a Napoli, dove prestava servizio presso l'ospedale militare di Fuorigrotta, dopo una licenza breve. Prima di lasciare Ravello, quel giovane, dalla profonda devozione verso la Madonna, si incaricò di suonare a distesa le campane della chiesa parrocchiale del Lacco, il suo rione, nel giorno della ricorrenza del Santissimo Nome di Maria Vergine.
Ma Andrea era all'oscuro di ciò che sarebbe accaduto in serata nel capoluogo partenopeo.
Alle 18 e 30 Dwight D. Eisenhower rese nota l'entrata in vigore dell'Armistizio di Cassibile (armistizio breve, già siglato il 3 settembre) e confermato poco più di un'ora dopo, alle 19 e 42, dal proclama del maresciallo Pietro Badoglio trasmesso dai microfoni dell'EIAR. Le forze armate italiane, come in tutto il Paese, a causa della mancanza di ordini dei comandi militari si trovarono allo sbando anche a Napoli.
A Napoli la situazione, già difficile per i bombardamenti subiti e per lo squilibrio delle forze in campo (oltre 20mila tedeschi a fronte di soli 5mila italiani, in tutta la Campania), ben presto divenne caotica per la diserzione di molti alti ufficiali, incapaci di assumere iniziative se non addirittura conniventi con i nazisti, cui seguì lo sbando delle truppe, incapaci a loro volta di difendere la popolazione civile dalle angherie tedesche.
Il 12 settembre i tedeschi decidono di sospendere i preparativi per la ritirata e di instaurare col terrore il loro pieno dominio sulla città.
Un corriere da Berlino portò al comandante tedesco Walter Schöll l'ordine di non lasciare la città e in caso di avanzata delle truppe anglo-americane di non abbandonarla prima di averla ridotta "in cenere e fango".
Fu allora che proprio il 12 settembre, il colonnello Schöll, assunto il comando delle forze armate occupanti nella città partenopea, proclamò il coprifuoco e dichiarò lo stato d'assedio con l'ordine di passare per le armi tutti coloro che si fossero resi responsabili di azioni ostili alle truppe tedesche, in ragione di cento napoletani per ogni tedesco eventualmente ucciso. Ma il proclama venne reso noto soltanto il giorno successivo.
Dopo alcuni minuti di bombardamento a scopo terroristico, i tedeschi penetrarono nelle case e cominciarono l'opera di saccheggio, di violenze e di distruzione. Gli abitanti venivano cacciati fuori, spogliati di ogni loro avere, incolonnati e costretti ad assistere all'incendio delle loro abitazioni.
Anche l'Università venne invasa e incendiata, distrutti migliaia di volumi. L'obiettivo non era scelto a caso: i tedeschi sapevano che dopo il 25 luglio l'Università era divenuta uno dei centri di raccolta dell'antifascismo.
Giunto presso l'Ospedale di Fuorigrotta Andrea Mansi non trovò nessuno. Erano spariti tutti. Non sapendo cosa fare, ma soprattutto non essendo a conoscenza di ciò che a Napoli stava accadendo (veniva da alcuni giorni di licenza e in tanti, parenti e amici gli avevano consigliato di non fare ritorno a Napoli), si diresse verso il centro, vestito della divisa militare della Regia Marina, speranzoso di incontrare qualche suo commilitone, magari quel Luigi Nappo di Gaeta con il quale aveva un rapporto privilegiato. Ma riconosciuto dalla divisa Andrea venne fatto prigioniero, ingiustamente accusato di aver attentato alla vita di un militare tedesco.
Fu questo il vile pretesto per poterlo subito giustiziare, proprio come accadde per tanti altri innocenti militari italiani.
Il 12 settembre il 24enne marinaio di Ravello venne condotto sul patibolo della soglia della sede centrale dell'Università Federico II ancora in fiamme. Come spiegava alla folla un funzionario fascista, sarebbe stato il responsabile della, inesistente, uccisione del soldato tedesco. A colpi di calcio di fucile il marinaio fu spinto sulla scalinata dell'Ateneo, mentre urlava la sua innocenza. Una telecamera della Gestapo, montata su un carro armato leggero riprendeva la scena della folla e dell'edificio incendiato. Dapprima il marinaio fu forzato ad entrare dal portone, ulteriormente sventrato anche da una cannonata, per essere arso vivo nell'atrio in fiamme, poi fu tirato fuori e portato sulla scalinata. Alla cruenta esecuzione furono costretti ad assistere numerosi civili, ai quali venne dato ordine di inginocchiarsi sotto la minaccia delle mitragliatrici, a guardare i soldati tedeschi che sparavano al marinaio che gemeva ed infine, alla sua morte, ad applaudire.
Una lapide posta sulle scale dell'ateneo ancora oggi ricorda quel supplizio, ma del milite ignoto. Il corpo di Andrea Mansi venne tumulato nel cimitero di Napoli e traslato in pompa magna a Ravello solo il 17 marzo 1951 (foto), presso l'ala antica del cimitero comunale al loculo numero 66 dove si leggeva "Il Comune di Ravello per onorare il martirio di tanto eroe pose". Dagli anni novanta del secolo scorso, il Comune di Ravello ha intitolato, al nome di Andrea Mansi, la piazzetta del rione Lacco, il luogo dal quale quel dì di settembre il giovane marinaio ravellese partì per non farvi mai più ritorno.
I suoi resti sono stati estumulati il 12 settembre 2013.
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