Tu sei qui: AttualitàMeglio un mese in miniera (cronaca semiseria di una spesa al supermercato in tempo di coronavirus)
Inserito da (redazionelda), martedì 7 aprile 2020 12:33:28
di Antonio Schiavo
"Antò, bisogna fare la spesa!" La comunicazione della feudataria di casa al vassallo non ammette replica. D'altra parte sono dieci giorni che non usciamo di casa, ligi al diktat governativo e le scorte cominciano a scarseggiare.
Primo passo: bisogna preparare la lista: dopo mezz'ora la stele di Rosetta al suo confronto è un pizzino e ti domandi quanta roba abbiamo potuto consumare negli ultimi giorni. È, comunque in progressivo aggiornamento.
Metti la sveglia per domani mattina: "Così arrivi all'apertura del supermercato". Mentre stai per uscire tutto bardato con i dispositivi di ordinanza ti ricordi che devi stampare l'autocertificazione. Chiaramente la cartuccia sta esalando l'ultimo respiro ma ce la fai. Peccato che il documento è quello di tre decreti fa. Preghi il Santo protettore delle stampanti che ti esaudisce e tira fuori dalla cartuccia l'ultimo esile fiato così riesci a produrre il passepartout.
Otto e mezza sei davanti al supermercato appena aperto.
Davanti a te una coda che la fila di macchina al casello di Melegnano in quei bei primi di agosto degli anni scorsi gli fa un baffo. Soprattutto vecchietti. Anche quelli che ti stanno dietro ti passano avanti perché over 65 e hanno priorità. Allora rivolgi un pensiero deferente alla Fornero mentre assicurava che fino a novant'anni eri un giovanotto.
Nel frattempo il sole sta picchiando come un fabbro mentre fino a qualche giorno fa dovevi metterti ancora il piumino. Hai gli occhiali da sole ma con la mascherina ci sarebbe bisogno di un lunotto termico perché si appannano in continuazione.
Arrivi finalmente all'ingresso: un tizio tipo Tyson ti blocca e ti pianta un aggeggio in fronte per provarti la temperatura che intanto - per il caldo ferragostano e perchè sei un ipocondriaco- potrebbe essere salita a valori non idonei all'avventura che ti sta aspettando.
Ma, grazie al Cielo, va tutto bene e sei autorizzato ad entrare nel Sancta Sanctorum. Metti altri guanti sui tuoi guanti, fai una bella strofinata di disinfettante e cominci a prendere la verdura non confezionata. Anzi, vorresti... perché ci sono due o tre donne davanti agli scaffali come se stessero ammirando i quadri di Raffaello alle Scuderie del Quirinale. Non si schiodano e passi oltre. Hai cambiato occhiali in quanto, nonostante le asserzioni della Fornero, la vista non è più quella di prima, ma la sorte è la stessa di fuori : le lenti si appannano sempre, imperturbabili e insensibili alle sofferenze appena iniziate.
Torni al banco della verdura, le buste monouso sono come termosaldate e coi i guanti doppi non si aprono manco con una raccomandazione. Consideri che da dieci giorni hai guardato il cellulare sperando in una telefonata che tri facesse compagnia, niente! Adesso in un nanosecondo tre telefonate alle quali chiaramente non puoi rispondere perché non hai una terza mano.
Finalmente riesci a mettere il radicchio rosso di cui le tue tartarughe nobili si nutrono schifando la lattuga normale ma contemporaneamente perdi il foglietto con l'elenco. Panico e sudore che riga abbondante volto e mascherina. Lo ritrovi dopo aver promesso cinque euro a Sant' Antonio.
Tenti di fare una domanda ad un commesso. "Se mi chiede dove trovare alcool e lievito non le rispondo nemmeno!" è il feed back sarcastico di costui. Ti rassegno e ti avvicini al banco salumeria: ci manca solo il filo spinato, stai lontano quasi due metri dal povero salumiere che gentilmente ti affetta il prosciutto. Passi infine ai surgelati, non prima di aver fatto una scorta d'acqua minerale sufficiente per una traversata del Sahara. Devi prendere gli spinaci. "Non quelli a foglia come la volta scorsa" è l'altro ordine della feudataria. Trovi (che culo!) quelli a cubetti salvo accorgerti che costano quanto un anello di Bulgari perché sono bio. Ti precede in questa ricognizione un gruppetto di cinesi; solo il ricordo delle parole del Sommo Pontefice ti fanno astenere dal rammentargli con gentilezza tutta la loro genealogia femminile con relativo mestiere più antico del mondo perché li ritieni (forse a torto) colpevoli di tutto ciò.
Sei finalmente alla cassa. Aspetti, su ulteriore diktat, che la signora che ti precede abbia terminato a riempire le buste. Chiaramente lo fa con calma serafica, la tua mascherina è un cencio bagnato dal sudore copioso. Paghi: fortunatamente la carta è contactless ma la cifra finale richiede il pin. Reinforchi gli occhiali ma, purtroppo, con i guanti, pigi due numeri contemporaneamente. Il cassiere ti guarda con commiserazione e non puoi dargli torto.
Scappi, ti rimetti in macchina (da quanto tempo non la prendevi?), arrivi come Dio ha voluto a casa. Meno male ci sarà qualcuno che ti darà una mano per scaricare il tutto... macchè la tua gentile coinquilina sta facendo lezione a distanza con pargoletti entusiasti ed eccitati per il fatto di non dover fare gli esami. Apri la porta; mentre trascini le buste il cane ne approfitta per una corsetta nelle parti comuni del condominio e devi rincorrerlo.
Rientri, svuoti con la massima cautela i contenitori, sistemi le provviste per tutto il prossimo decennio, sei sudato fin nelle mutande.
La feudataria ha finito, ti guarda con tenero compiacimento fino a che... Mi sono scordato i kiwi!
Il finale ve lo racconto un'altra volta.
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