Tu sei qui: AttualitàSe questa è satira: nella vignetta di Charlie Hebdo le vittime del terremoto sepolte come «lasagne»
Inserito da (ilvescovado), venerdì 2 settembre 2016 17:54:47
di Maria Abate
Un tempo c'era la satira. Oggi c'è lo sfottò. In questo caso subdolo. La vignetta del periodico Charlie Hebdo sul terremoto in Italia fa scalpore. Com'era sua intenzione, certo, ma nel modo più sbagliato. L'immagine, che mostra la sintesi di ciò che il disegnatore Felix definisce "Terremoto all'italiana", non suscita il riso. Per niente. Non fa ridere a pochi giorni dalla tragedia del Centro Italia, né lo farebbe a distanza di tempo. L'Italia, patria della buona cucina, è però un fallimento sul piano sociale. Così, sforzandosi a uscire dallo sdegno, si potrebbe interpretare. Ma vedere scritto «Penne all'arrabbiata» su un uomo sporco di sangue, «Penne gratinate» su una superstite coperta di polvere e «Lasagne» sui tetti crollati alternati ai corpi delle vittime è troppo.
Una denuncia politico sociale, che non è riuscita poi così bene, risultando piuttosto un atto di oltraggio nei confronti delle vittime del territorio. Una mancanza di rispetto immensa, proprio come quella perpetrata da quei giornalisti che hanno approfittato del dolore altrui per fare notizia, cercando insistentemente il pianto delle persone con l'obiettivo delle videocamere. Si è andato oltre, proprio così. La satira deve far colpo, deve indignare e può essere indelicata per farlo, ma fino ad un certo punto.
La satira ha un ruolo importante nell'opinione pubblica: attraverso la risata veicola piccole verità, semina dubbi, smaschera ipocrisie, attacca i pregiudizi e mette in discussione le convinzioni. In Italia è persino un diritto costituzionale e nella sentenza n. 9246/2006 della Prima sezione penale della Corte di Cassazione è definita «manifestazione di pensiero talora di altissimo livello», che ha il «fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, correttivo cioè verso il bene». Ma ai nostri tempi sanno farla ben pochi. «Satura quidem tota nostra est» disse Quintiliano, attribuendo agli autori latini la creazione di un genere letterario che nei greci era soltanto una parentesi indefinita nel genere drammatico. E potrebbe ancora affermarlo: la satira non fa per noi.
«Je suis Charlie Hebdo», oggi, gli italiani non lo direbbero proprio.
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