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Ravello, dolore e incredulità per morte di Nicola: tanti i messaggi su Facebook

Inserito da (redazionelda), giovedì 25 aprile 2019 08:55:30

A Ravello un’intera comunità è segnata dall’improvvisa e tragica scomparsa di Nicola Palumbo, il 54enne imprenditore edile morto tragicamente ieri sul posto di lavoro. Una notizia che ha colpito le coscienze di tutti malgrado siano in tanti a non voler credere a quanto accaduto. A facebook ognuno, in queste ore, affida il proprio sentimento più intimo.

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«Abbiamo girato mezza Italia e mezza Europa assieme... Abbiamo e hai rischiato tante volte in sella ad una moto, in un auto...
Abbiamo sfidato la sorte tante e tante volte, ci siamo trovati con la morte faccia a faccia e ne siamo usciti sempre vincitori... quella sfida che forse cercavamo perché in fondo in fondo ci piaceva e ci dava forti emozioni... Purtroppo però questa volta ti ha sorpreso alle spalle, ha approfittato di una tua distrazione ed ha avuto il sopravvento, ti ha portato via... Non lo meritavi, non così, non ora... Buon viaggio amico di mille avventure! Mancherai!».

Altro amante delle due ruote, Giuliano Ruocco di Minori, commenta: «Inspiegabile tragedia, abbiamo condiviso il lavoro con la stessa tipologia, con mezzi meccanici di movimento terra , poi la passione per le moto, un destino assurdo per la tua grandissima esperienza. Ti terrò nel mio cuore».

Nicola, persona conosciuta e stimata in paese per la sua dedizione al lavoro e la disponibilità nelle attività sociali, era un fedele, devoto alla Madonna, ai Santi, specie San Pantaleone e i Santi Cosma e Damiano. Faceva parte del gruppo portatori del Duomo.

«Una giovane vita spezzata sul lavoro. La notizia ferale, gelida, che non vorresti mai apprendere getta un'intera Città nello sconforto - scrive il professor Luigi Buonocore - Ciao Nicola, giovane mite, sorridente e dal cuore buono, stimato imprenditore edile per tradizione familiare, esempio di quella ravellesità disponibile e laboriosa. Ti voglio ricordare con la foto scattata il 27 luglio 2018 durante la preghiera del portatore di San Pantaleone. Il nostro patrono, il cui simulacro hai sorretto per anni sulle tue spalle, ti accompagni in questo ultimo viaggio verso la contemplazione dell'Eterno Padre».

Il professor Roberto Palumbo da Bergamo: «Scompare tragicamente a Ravello Nicola Palumbo. Una fatalità che ci conferma quanto la nostra vita sia appesa ad un filo. Riposa in pace con i tuoi genitori, mio caro amico. Scompare con te una parte di quella mia infanzia trascorsa ai piedi del Santuario di San Cosma. Ravello da oggi è più povera».

Il luogotenente della Polizia Locale Alfonso Marsico: «Era proprio l'altro giorno, seduti sui tavolini del bar Klingsor, che stavamo discutendo, alcuni momenti ad alta, voce, di come organizzare, come ogni anno, tutta la trasferta per la festa della Madonna dell'Avvocata.
Negli ultimi anni, eri diventato assiduo frequentatore e oltre la fede ti divertivi molto quando si cantava e ballava."Ci vogliono 150 litri di vino, noo 200, ci vogliono 20 chili di pasta, noo 25, ci vogliono 2 casse di pelati, noo 3/4 e così via".
Sei stato devoto alla Madonna, ti farà riposare il pace e ti guarderà ogni giorno, come tu meriti, perchè sei stato una persona eccezionale».

«Non riesco ad immaginare Ravello senza te. Ciao Nik» scrive Francesco Zappia da Baronissi.

Il chirurgo napoletano Angelo Martini, ravellese d'adozione da oltre quarant'anni: «Sono rimasto colpito e profondamente addolorato. Ci conoscevamo da sempre e ho sempre apprezzato la sua riservatezza e condiviso la passione per i motori. Sentite condoglianze».

Il dottore commercialista ravellese Gregorio Gallo ricorda così Nicola Palumbo: «A San Cosma, verso la metà - od anche prima-degli anni '70, a fronte di un centinaio o poco più di abitanti c'erano così tanti bambini/ragazzi (quelli nati negli anni '60, l'epoca del boom demografico) che quando si giocava a pallone facevamo le sfide San Cosma Est contro San Cosma Ovest (si prendeva spunto dall'allora analoga divisione della Germania).
Erano partite dai tempi infiniti: duravano ore e finivano per sfinimento dei calciatori (noi) o perché giungevano notizie dell'irritazione dei genitori che non ci vedevano rientrare, benché fosse da tempo calata la sera.
Nicola, col fratello Giorgio (bravo portiere), faceva parte della formazione Est (io Ovest), e non mancava - come tutti noi del resto- a buttarsi nella mischia delle "pedate" che non sempre colpivano solo il pallone, per cui si finiva col tornare a casa "tutti ammaccati", ma senza rancori e senza preoccupazioni per i colpi subiti o dati, perché poi "magicamente" nei giorni successivi si tornava a giocare come se nulla fosse.
Il pensiero che improvvisamente potesse capitare che qualcuno morisse era cosa che "non ci riguardava" perché era una cosa di vecchi, per cui non ci faceva paura perché convinti che a noi non sarebbe potuto capitare.
Quel pensiero, quella convinzione in qualche modo ci accompagna ancora, per cui quando capita che a lasciarci non sia un semisconosciuto vecchio signore, ma uno di noi, della nostra generazione, conosciuto da sempre, allora tutto questo ci sconvolge è ci fa rendere conto che a questo "nuovo tremendo fenomeno" noi non siamo (e probabilmente non saremo mai) preparati! Addio Nicola!».

La nipote Miriam, figlia del fratello Giorgio, col quale Nicola ha vissuto tutta la vita in piena simbiosi, racconta questo rapporto straordinario, unico, incoraggiando suo padre, distrutto dal dolore:

«Esistono legami e legami.
Esistono rapporti fra fratelli vincolati solo dal dna, e rapportati invece che probabilmente indipendente dalla parentela, si sarebbero creati.
Ecco, di quest’ultimo tipo era il vostro.
Voi due non siete mai stati solo fratelli, siete stati amici, o meglio migliori amici.
Eravate in due a scappare da scuola, ad imbarcarvi alle 2 di notte con la macchina a soli 16 anni per arrivare a Roma e tornare prima che il nonno potesse accorgersene e prima di iniziare a lavorare.
Eravate insieme quando avete girato mezza Europa in moto e con gli amici, quando uscivate la sera, quando vi incontravate per la processione di S. Pantaleone.
Avete vissuto una vita in simbiosi, sempre in due. Non c’è stato ‘Giorgio’ pronunciato senza esser seguito da ‘Nicola’ e viceversa; non c’è stato giorno che non abbiate vissuto insieme oltre che in strada, anche sul lavoro.
Non c’è stata risata e purtroppo dolore che non abbiate condiviso.
Oggi purtroppo è diverso, la vita è ingiusta, e con te papà forse lo è stata fin troppo.
Ti sentirai solo, come se avessi perso il tuo gemello maggiore, ti sentirai disorientato, confuso, vuoto.
Eppure devi sempre pensare che dall’altra parte ci siamo noi, i tuoi figli, tua moglie, i tuoi nipoti, le tue sorelle. E mentre tu hai tutti noi, noi ora abbiamo solo te, abbiamo una sola Prefetta, che proprio per questo deve essere forte per continuare a tenere alto l’onore di tale nome.
Tu hai dentro loro, e questo li farà rimanere per sempre con noi.
Tu hai negli occhi i suoi occhi, e questo farà sì che Zio Nik viva per sempre insieme a noi. La mia famiglia prima di ogni cosa».

Non poteva mancare il pensiero delle figlie di Nicola. La secondogenita Aurora, di 21 anni, ricorda lo straordinario rapporto col suo papà, il suo eroe: «"Papà ha avuto un incidente sul lavoro". Non è stata la prima volta che ho sentito queste parole, quindi come ogni volta, ho pianto, mi sono sentita il mondo crollare, le gambe mi tremavano, e il cuore mi faceva di nuovo un po’ male.
Ma poi mi sono detta che tanto sei l’uomo dalle tante vite, quello che ha sfiorato la morte così tante volte che alla fine lei stessa ci aveva quasi rinunciato.
Hai vissuto ogni giorno consapevole che poteva essere l’ultimo, hai girato il mondo in sella ad una motocicletta e ad ogni ritorno non mancava mai una calamita o una tazza, tu non mancavi mai.
Da settembre, ogni volta che tornavo da Firenze, arrivavo a Napoli e c’eri tu che mi aspettavi in stazione, mi abbracciavi, mi davi un bacio che mi lasciva sulla guancia il bruciore e il rossore della barba, mi prendevi la valigia, mi davi la mano e tornavamo a casa.
Ogni figlia guarda il proprio padre con gli occhi di una ragazzina innamorata, e io ti guardavo consapevole del fatto che i miei occhi non avrebbero mai guardato un’altra persona in quel modo.
Non so descrivere quello che adesso provo, rabbia? dolore? non lo so, so solo che mi fa male tutto.
Mi fanno male le mani che non potranno stringere le tue, per un periodo di tempo pari all’infinito.
Mi fanno male le gambe che non potranno seguire i tuoi passi, troppo veloci per raggiungerti.
Mi fa male il cuore, che non batte più allo stesso modo perché la ragione per cui batteva eri tu.
Ho imparato che la vita è imprevedibile, che oggi ci sei, domani no.
Ho imparato che se ami qualcuno devi dirlo senza aver timore di essere rifiutato.
Ho imparato che un sorriso, una carezza o un bacio in più non fanno star male nessuno.
Ho imparato e ho capito quanto è facile perdere tutto in un attimo.
Sono sempre stata fiera del mio papà, e sarò fiera di te per sempre, e vorrei solo che quelle mani stanche e ruvide dal lavoro mi accarezzassero un’ultima volta.
mi hai lasciata troppo presto e questo non posso perdonartelo, ma ti prometto che ti renderò sempre e per sempre fiera di te. Ti amo, tua per sempre, Rocky».

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