Tu sei qui: Eventi e Spettacoli“La fede trasfusa nell’immagine”, ad Amalfi una mostra dedicata al busto argenteo di Sant'Andrea
Inserito da (redazionelda), domenica 19 novembre 2017 10:02:37
Una mostra interamente dedicata all'iconografia e al busto argenteo di Sant'Andrea Apostolo, patrono della Città di Amalfi, in occasione del trecentesimo anniversario della sua realizzazione (1717-2017). "La fede trasfusa nell'immagine", allestita dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana col patrocinio del Comune e del Comitato per i festeggiamenti patronali presso la Biblioteca Comunale di Amalfi, sarà inaugurata martedì 21 novembre alle 19.
Fino al 5 gennaio 2018 rimarranno esposte le antiche stampe originali (delle collezioni De Luca - D'Antuono) che rappresentano Sant'Andrea, il martirio e le principali statue della cattedrale di Amalfi.
Tra i cimeli alcune medaglie celebrative, relative al sesto centenario della Manna del (1304-1904), del settimo centenario della traslazione del corpo del primo degli apostoli chiamati da Gesù (1208 - 1908) e quella del 2008 nell'ottavo centenario della traslazione del corpo di Sant'Andrea da Costantinopoli ad Amalfi.
In mostra anche antichi volumi sulla storia del Duomo di Amalfi (con quelli pubblicati dal Centro di Cultura e Storia Amalfitana) e del culto del Santo con antiche immagini della statua argentea in processione.
Proprio per ricordare il terzo centenario della realizzazione del busto reliquiario realizzato dall'artista napoletano Giuseppe Confuorto su commissione del vescovo dell'epoca Michele Bologna (di seguito i cenni storici), lunedì 28 novembre, in Cattedrale, alle 18 è in programma la presentazione del libro di Andrea D'Antuono "Il busto settecentesco d'argento dell'Apostolo Andrea e la tradizione della processione in Amalfi" (De Luca editore, Salerno).
Interverranno:
don Antonio Porpora - La dottrina della Chiesa sulla venerazione delle immagini. Brevi cenni.
Antonio Amatruda - Le statue processionali di S. Andrea e i loro ornamenti.
Andrea D'Antuono - presentazione del volume.
Andrea De Luca, editore e presidente del comitato festeggiamenti - conclusioni e ringraziamenti
in questo florilegio d'opere grafiche dal XVIII al XX Secolo, dipende innanzitutto dalla Legenda Aurea di Jacopo da Varazze. Si ricorda, in quel celebre testo agiografico, il richiamo nel nome di Andrea ad anthropos, colui che ha virtù, virile e forte nel dolore, elevato nella gloria. Questa è richiamata anche dai segni iconografici più noti, sin dalla bella statua modellata dal fiorentino Michelangelo Naccherino nella Cripta del Duomo di Amalfi. L'immagine è quella di un uomo avanti nell'età che stringe a sé un libro - quale testimone della fede oltre che scrittore di cose sacre (gli sono riferiti alcuni testi apocrifi confluiti negli Atti degli Apostoli) - mentre la barba arruffata, la fronte spaziosa, la croce decussata, sono i tipici attributi iconografici. Di particolare interesse è un'incisione che illustra le sue storie: dalla chiamata e dalla vocazione del pescatore Andrea, che secondo la Legenda, avvenne a tre riprese: la prima quando ancora da discepolo di Giovanni il Battista, con il fratello Simone era andato a sentire le parole di Gesù (Giovanni, 1,40), al giorno della pesca miracolosa (Luca, 5, 1-11), ed infine quando il Maestro, camminando sulle rive di quello stesso lago di Galilea, li chiamerà dalla pesca, dicendo loro: "Seguitemi, e farò di voi pescatori d'uomini" (Matteo, 4,18). Ed Andrea e Simone, tutto lasciando, lo seguirono senza più abbandonarlo. Andrea il "primo chiamato", quindi, è anche vero uomo, se testimonia tali virtù nel corso delle sue vicende, al pari della sua umanità, non celando fragilità che conosce anche la paura, e questa affronta (aristotelicamente) con coraggio; immagine di vero uomo, e retoricamente, exemplum carico di umanissimo corpo. In un'incisione, probabilmente del XVII secolo, sono illustrate a contorno della figura del Santo, tutte le sue "gesta", come la liberazione dell'Apostolo Matteo, fratello in Cristo, accecato e prigioniero in Mirmidonia; al miracolo delle fiamme appiccate alla casa di Andrea dalla famiglia d'un suo giovane discepolo; alla madre scellerata, presa d'incontinente desiderio incestuoso per il figlio, che alle preghiere del Santo, cade colpita da un fulmine ed incenerita; al giovane sfortunato sbranato dai demoni che Andrea aveva trasformato in cani, e dunque risuscitato. E poi: le punizioni di coloro che non credono, che sfidando Dio, perseverano nell'errore; l'affinata retorica dei suoi discorsi e ragionamenti, che provano a convertire l'aguzzino, il proconsole Egeas alle ragioni del martirio di Cristo per sua volontà, alla necessità della Redenzione. Predomina, soprattutto, la necessità dell'exemplum del miracolo (sia in vita che post-mortem), che induca a convertirsi a quella che è la vera fede in Cristo. Ed, infine, il martirio di Andrea, che rifiuta di abbandonare la "sua" Croce, predicando tre giorni al popolo, anche quando il persecutore, "minacciato di morte dalla folla che gridava che un uomo buono, santo e pio non doveva subire una tale pena", ordina di farlo deporre. Ma lui: "Engeas perché sei qui? Se è per fare penitenza, sarai accontentato; se è invece per depormi, sappi che non lascerò vivo la Croce: già vedo il mio Re che mi aspetta". È l'immagine gloriosa del corpo di Andrea, che risplende nelle scene del suo martirio, implacabile nelle sofferenze, nei termini dell'accettazione dei limiti umani, quale accoglimento autentico del messaggio evangelico; immagine di quel che il corpo sarà alla fine dei tempi, come ha spiegato Agamben, che da glorioso si rende ostentativo, "atto a mostrarne le sue virtù", una gloria che è ostentazione della sua umana fragilità; la luminosa tenerezza che Pier Paolo Pasolini, chiamandolo ad interpretare l'Apostolo nel Vangelo secondo Matteo, ricercherà negli occhi chiarissimi dell'amico poeta Alfonso Gatto. Marco Alfano
che oggi si porta in processione per la ricorrenza della festa patronale fu realizzata per volere dell'arcivescovo Michele Bologna che, nell'ambito dei progetti per la cattedrale, commissionò all'argentiere Giuseppe Confuorto, su disegno e modello dello scultore Matteo Bottigliero. Vi collaborò anche un certo artefice Carlo, cui viene attribuito il lavoro di aver unito la statua che è a forma di erma, con l'artistica pedana d'argento, fatta pure nel 1717 e modificata e ingrandita nel 1773. Il 3 febbraio 1717 l'argentiere Giuseppe Confuorto promise all'arcivescovo di Amalfi, mons. Michele Bologna, di eseguire e consegnare entro il 10 luglio prossimo una statua d'argento di S. Andrea con pedana sul modello di quella eseguita per la statua di S. Teresa esposta nella cappella del Tesoro di S. Gennaro a Napoli. La spesa è di ducati 380 di carlini per la sola manifattura di Confuorto e degli operai. Il prezzo include anche la croce di rame dorata, i ferri dell'armaggio sia del busto che della pedagna e il legname necessario per la medesima pedagna. L'argentiere Confuorto però non riuscì a completare l'opera entro il termine stabilito, per cui le due parti stipulano un nuovo contratto il 4 settembre 1717. Confuorto promise di consegnare la statua di S. Andrea dopo due mesi, a partire dall'8 settembre per finire l'8 novembre 1717. Mons. Bologna gli avrebbe pagato 500 ducati "fatigando pagando", tramite il suo agente e procuratore sig. Tosi e in più promise di regalare 10 ducati all'argentiere se la statua fosse riuscita di tutta perfezione. Il 30 novembre 1717 per la prima volta la statua fu portata in processione per le vie cittadine, in cattedrale ci fu un pontificale di ringraziamento e di lodi. La maestosità della statua risaltò ulteriormente visto che la scala del duomo era più stretta di quella odierna: il corteo proseguì per tutta la città attraversando strade e piazze diverse da quelle attuali. Il primo restauro della statua argentea risulta avvenuto nel 1988 a cura del Comitato Festeggiamenti presieduto da Giuseppe De Luca e nello stesso periodo fu restaurata anche la pedagna a spese dello stesso presidente. Già all'epoca i restauratori lamentavano il grosso peso della testa (6 Kg ) e delle braccia che doveva sopportare la lamina più sottile del busto. Pertanto essi consigliavano di evitare scossoni e di portarlo in processione. Andrea D'Antuono
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