Tu sei qui: CronacaOmicidio di Ravello, altro colpo di scena: Enza voleva sposare Vincenzo ma Giuseppe la osteggiava
Inserito da (admin), giovedì 15 giugno 2017 10:27:08
Enza Dipino è innocente. Non è stata lei ad uccidere Patrizia Attruia. A sostenerlo con vigore, ieri, in Corte d'Assise, i difensori della donna di Ravello, Marcello Giani e Stefania Forlani, dopo la richiesta d'ergastolo da parte del Pubblico Ministero Cristina Giusti. Presente in aula l'imputata, accompagnata dalle guardie carcerarie, seduta di fianco ai suoi legali.
Nel corso della loro precisa disquisizione i due legali, alternandosi, ricostruiscono tutte le fasi del caso e del processo, viziati da grossolani errori in fase d'indagine. A partire dalla cancellazione del capitolo benzodiazepine, i tranquillanti che la Dipino avrebbe (stando alle tesi della pubblica accusa) con astuzia somministrato alla vittima per stordirla e ucciderla. Questo le sarebbe valso l'appellativo di "spietata calcolatrice". Aria fritta dopo la perizia del nuovo medico legale nominato dal Pm, l'anatomopatologo Giovanni Arcudi. E poi la questione delle mani al collo, chiarita in via definitiva dallo stesso Arcudi che aveva chiarito anche le cause della morte della Attruia, avvenuta a seguito di una violenta aggressione, con arresto cardiaco causato da un riflesso nervoso e non per strangolamento o strozzamento digitale. La colluttazione, verosimilmente con pugni e calci avvenuta nell'appartamento di Via San Cosma nella notte tra il 25 e il 26 marzo 2015, sicuramente dopo le 22 e 40, è proseguita con una compressione sulla parte anteriore del collo, fatta con un mezzo contundente, come un bastone. Qui l'esperto anatomo patologo non si era sbilanciato, in considerazione delle numerose possibilità, compresa una parte del corpo dell'aggressore, avente però superficie ruvida, quale un braccio - come sostiene la difesa - coperto da un capo di abbigliamento ruvido.
«E' una richiesta che pesa come un macigno - ha esordito la Forlani -. Il pm insiste sull'utilizzo delle mani davanti a questa evidenza obiettiva e logica riproponendo l'elemento delle mani. Vedo riproposti gli stessi temi filo conduttore dell'indagine (fallita), come l'argomento benzodiazepine». Secondo la difesa sarebbero state le dichiarazioni di Giuseppe Lima, rese alle 15 e 30 del 27 marzo 2015, poco dopo il ritrovamento del cadavere, a «orientare gli inquirenti che aderiscono atipicamente alle indicazioni di Lima, nonostante sia poco affidabile e che con grande facilità si abbandona a comportamenti aggressivi. E' innegabile che in questa vicenda Enza Dipino abbia subito ed è anche vittima». E spiega: «Lima Giuseppe interviene su Patrizia Attruia che ha sorpreso i due a fare l'amore. Questo ha scatenato la gelosia. Ma la gelosia è di Patrizia non di Enza che insieme a Patrizia ha subito violenza da Giuseppe. «Lima è stato escluso dall'arresto per le sue dichiarazioni alle 15 e 30 (del 27 marzo ndr)». Altro errore, tecnico, evidenziato.
Ciò che si ribadisce con forza in aula è che la richiesta di ergastolo non ha preso in considerazione i dati di Arcudi ma le sole dichiarazioni della Dipino, le prime, rese nella caserma di Ravello dalle 19,30, ancora succube delle minacce del Lima "Ti faccio fare la stessa fine". Ancora oggi (Enza Dipino ndr) vive uno stato di ansia e paura. Ma lui non può farle più nulla. Nel verbale de 13 aprile lei (la Dipino ndr) si preoccupa che Lima potrebbe venire a saperlo che lei aveva dichiarato di aver fatto l'amore. Non si può dire che siano state le mani della Dipino ad ammazzare Attruia con colpo mortale per strangolamento, argomento asfaltato da Arcudi, il rilievo su cui si è fondata tutta l'indagine. Enza Dipino non ha assistito al colpo definitivo, ha sentito il botto. dalla cucina o dal corridoio, e poi il silenzio. La Dipino parla del colpo alla fronte che c'è stato e lo dimostra l'esame esterno perciò la Dipino risponde non sapendo cosa sia successo. Ancora oggi si chiede: ma come è morta Patrizia? lei si ferma al colpo alla fronte». Inoltre il mezzo contundente utilizzato per finire la vittima può essere uno soltanto (l'accusa sostiene che ne fossero due utilizzati da due persone diverse probabilmente contemporaneamente), usato con modalità diverse. La Forlani ricorda che il Lima abbia praticato arti marziali e che una donna non sarebbe capace di colpire con la forza utilizzata per finire la Attruia. Secondo la difesa questa è la tesi che più aderisce ai dati forniti dal professor Arcudi. «In carcere c'è una persona innocente» ribadisce la Forlani.
GLI ALTRI ERRORI Le tracce di dna sotto le unghie della vittima (di Lima e Dipino) non possono provare l'aggressione» per il legale non sono valido elemento probatorio, perché potrebbero derivare anche dalla condivisione dello stesso paio di forbicette per manicure.
Poi il turno dell'avvocato Marcello Giani che si rivolge con forza alla corte: «Il peso della sua innocenza (della Dipino nda) graverà sul vostro giudizio».
«La Dipino non è responsabile dei fatti, non ha partecipato al compimento dell'omicidio e chiedo l'assoluzione per non aver compiuto il fatto. I futili motivi di gelosia non esistono, ma il condizionamento psicologico e lo stato di soggezione psicologica sì. L'anello del Lima di forma rettangolare sulla fronte della vittima è un timbro e anche sul cricoide (cartilagine principale della laringe ndr) e il colpo di karate è il corpo contundente praticato dal Lima» sostiene un impetuoso Giani alla presenza di tutti i professionisti operanti presso il suo studio, che hanno lavorato con meticolosità a questo processo.
La gelosia è l'aggravante che dovrebbe accomunare Dipino e Lima, ma secondo la difesa la Dipino non era gelosa di Lima. Quest'ultimo avrebbe addirittura ostacolato il rapporto con Vincenzo della Pietra di Maiori, conosciuto all'ospedale di Cava de' Tirreni agli inizi del 2014, durante il ricovero della madre che sarebbe deceduta a febbraio di quello stesso anno. Da subito Della Pietra, cuoco di professione, si dimostra gentile, le compra i biglietti del pullman, un paio di stivali. Poi va a casa di Enza per cucinare, regalandole delle pentole. Il 14 febbraio 2015, nel giorno di San Valentino, Enza doveva incontrarsi con Vincenzo per sugellare la loro relazione ma, stando a quanto dichiarato da Giani, il Lima, da sempre possessivo e violento anche con la sua ex moglie quando era al Nord, non avrebbe gradito, malmenando Enza tanto da procurarle un occhio livido, costringendola a declinare quell'invito.
Altro colpo di scena, quindi, nel processo: Enza non amava Giuseppe ma sarebbe stata costretta a subire la sua influenza. Al centro della discussione i rapporti tra Patrizia ed Enza che condividevano la sudditanza a Lima che le teneva in scacco. «Litigavano spesso, si, ma a Ravello si vedevano insieme, dal dottore, a fare la spesa, a Messa. Enza si era fatta carico di Patrizia affidandola al suo medico di base». Inoltre è merso che Enza avrebbe voluto cresimarsi per potersi sposare con Vincenzo. Ne aveva parlato con don Raffaele Ferrigno, il parroco del Santuario di San Cosma, e voleva come testimone proprio Patrizia. Anche questi elementi non convincono che possa essere stata proprio lei ad ammazzare.
Fissata per domani l'udienza finale di discussione: previste repliche e riunione in camera di consiglio per la corte (presidente Massimo Palumbo) chiamata a sentenziare in questo primo grado di giudizio.
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