Tu sei qui: ChiesaPadre Enzo da Salerno: «Viviamo un tempo senza memoria e slanci, che diventa liquido ed evapora nel presente»
Inserito da (redazionelda), lunedì 19 novembre 2018 14:20:48
di Carolina Milite
"Sono stato invitato a parlare del messaggio del Papa in chiave prettamente francescana, ma io preferisco contestualizzarlo alla luce del tempo che viviamo. Noi viviamo un tempo in cui l'uomo è prigioniero del presente e non si accorge più dell'altro. Degli altri". Con tali parole ha esordito padre Enzo Fortunato nel suo discorso alla folta platea che lo ha ascoltato attentamente lo scorso venerdì a Salerno.
Padre Enzo, giornalista e direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, del mensile San Francesco Patrono d'Italia e del portale sanfrancesco.org è giunto venerdì scorso nella città di San Matteo per portare le sue riflessioni all'XI Convegno delle Caritas parrocchiali organizzato dalla Caritas diocesana in occasione della celebrazione della II Giornata Mondiale dei Poveri.
Durante l'incontro ha catalizzato l'attenzione dei presenti con il linguaggio semplice e diretto, profondo e delicato cui ci ha abituato in questi anni con la rubrica che va in onda ogni sabato mattina alle 8.20 su Rai1 dal titolo "Tg1 Dialogo" che lo ha reso familiare a milioni di spettatori sparsi in tutt'Italia.
"L'uomo ha smarrito la bussola più preziosa, quella del rapporto con il tempo. Fragile, debole, aggrappato all'inseguimento dell'istante e, a volta, anche degli istinti, prigioniero del presente - è l'analisi di padre Enzo, che ha continuato - viviamo un tempo senza memoria e senza slanci, un tempo che diventa liquido ed evapora nell'affanno dell'attimo presente".
Protagonista assoluta di questi tempi caotici è la fretta, soprannominata dal frate la "diva" dei nostri giorni. Presi dalle nostre cose, dalle nostre faccende, siamo noi le prime vittime di questo circolo vizioso. Un discorso di alto profilo sociologico che ha scattato una limpida fotografia del mondo che ci circonda.
"Ecco perché è importante fermarci e imparare nuovamente ad attendere e a incontrare l'altro, e nell'altro vedere il volto di Cristo. E' una riflessione che ogni cristiano deve fare. Al termine della nostra vita non saremo giudicati per tutte le volte che ci siamo confessati o che siamo andati a Messa, ma saremo giudicati sull'amore. Socrate - ha proseguito nelle sue riflessioni padre Enzo - era solito portare sovente i suoi discepoli al mercato, per far poi rientro senza mai acquistare nulla. Finché un giorno uno dei suoi allievi gli chiese il motivo di queste uscite "a vuoto" e lui rispose: perché voglio comprendere di quante cose posso fare a meno. E' la logica dell'essenzialità".
Una riflessione, quella del filosofo greco, che sembra più che mai attuale a distanza di 2500 anni dal suo tempo, e che padre Enzo ha voluto condividere per sottolineare l'antitesi del concetto da quello di povertà; una contrapposizione solo apparente, in verità, perché l' idea di povertà è ben più ampia di quella meramente materiale e, anche se non siamo indigenti, viviamo in un'epoca di povertà di spirito.
Entrando in maniera ancora più approfondita nei consumi e nelle abitudini quotidiane, padre Enzo ha parlato dei temibili 5, dello strapotere di Amazon, Apple, Facebook, Google e Microsoft, aziende sempre più vicine al monopolio nei rispettivi settori, e dei lati oscuri della rivoluzione digitale: "Sono i nuovi poteri forti che pensano per noi. Sanno tutto di noi, di ciò che c'interessa, dei nostri gusti, le opinioni, i bisogni. Non si tratta soltanto del fatto che abbiamo perso la nostra privacy e che in ogni momento sanno dove siamo e cosa stiamo facendo, ma del fatto, ancor più allarmante, che ci fanno ragionare con i nostri bisogni. E nei nostri bisogni il povero non c'è".
Un discorso basato su concetti tanto più disarmanti quanto più veri e integranti della nostra vita quotidiana. Occorre, come ha concluso padre Enzo nella sua relazione, intraprendere un nuovo cammino che comprenda non l'esclusione, come sembra essere il mantra attuale, bensì l'inclusione del prossimo. Soltanto così la Chiesa, ma anche la società aggiungiamo noi, potrà evitare l'autorefenzialità e l'atrofizzazione.
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