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Don Angelo nuovo parroco di Ravello: «Non voglio collaboratori ma persone corresponsabili. Chiesa non è palcoscenico di Sanremo»

Inserito da (redazionelda), domenica 11 febbraio 2018 21:39:20

«Accanto a me non voglio collaboratori, non mi servirà la collaborazione perché è qualcosa di transitorio. Non richiederò da voi la collaborazione perché è offensiva verso chi è chiamato a svolgere qualcosa solo se il parroco ne ha bisogno. Voglio, invece, accanto a me, persone corresponsabili». È senza dubbio questo il cuore del messaggio con cui Don Angelo Antonio Mansi stamani si è presentato alla sua comunità ecclesiale da guida della parrocchia di Santa Maria Assunta di Ravello.

In un Duomo gremito non soltanto di ravellesi ma di tanti amalfitani e minoresi legati da cari ricordi alle esperienze pregresse di Don Angelo, il sacerdote ravellese ha parlato in maniera chiara e decisa alla sua gente, alla sua nuova famiglia che in realtà è la stessa lasciata 37 anni fa subito dopo l'ordinazione sacerdotale.

«Persone corresponsabili - ha specificato - che sappiano sentirsi partecipi appieno alla vita della Chiesa per scegliere la logica dell'essenza a dispetto della logica dell'apparenza. Per nessuno la parrocchia deve essere il palcoscenico di Sanremo o del nostro auditorium. Su questi palcoscenici si cerca la fama, l'applauso, di mettere in mostra le proprie capacità. In parrocchia non si viene per questo: si viene per servire e non per essere applauditi. In parrocchia si viene per essere prossimi e non per cercare benemerenze». Don Angelo inizia il suo cammino senza troppi giri di parole, usando chiarezza per restituire fiducia nella Chiesa di Ravello, per un'apertura totale, sull'esperienza del suo predecessore Don Nello Russo, congedatosi tra gli attestati di stima dei presenti, con in testa il sindaco Salvatore Di Martino (video integrale in basso).

«Chi non sceglie la dialettica del servizio ma quella del plauso e dell'apparenza, mai potrà sentirsi tranquillo nella vita parrocchiale. Si sentirà invidioso del compito svolto da un altro. Soffrirà quando ci sono volti nuovi che si vogliono affiancare nella corresponsabilità» ha ribadito il neo parroco che ha aggiunto: «Non vengo nel mio nome ma, mandato dall'Arcivescovo, vengo nel nome del Signore: è il suo pensiero che voglio coniugare nella filialità di questa terra ravellese, è la sua verità che voglio stemperare nell'animo di chi ne è alla ricerca» questi i sentimenti che animano Don Angelo nella sua nuova missione che comincia, come ha detto l'arcivescovo Soricelli, nel pieno della sua maturità, a 62 anni. «È la sua misericordia (del Signore ndr) che voglio continuare a far fruire a chi si accosta ai Sacramenti per far comprendere a tutti che a Dio piace tenere il cuore appoggiato al cuore di chi confida in Lui. È la sua parola che mi urge donare a chi chiede luce per i suoi passi. È il colloquio con lui nella preghiera che intendo sempre più stabilire in voi sorelle e fratelli ravellesi da oggi vincolati a me nello zelo pastorale che mi riporta nella mia terra d'origine. Sono qua quasi a saldare un debito verso la mia comunità cristiana di origine. Da questa comunità sono stato educato nell'itinerario di iniziazione cristiana, in questa comunità ho imparato a sentirmi partecipe del cammino della Chiesa. Ritorno dopo 37 anni».

Rivolgendosi al primo cittadino, con orgoglio gli rivela: «Sappi che pur essendo stato 37 anni lontano da Ravello e potrai controllarlo ho conservato sulla carta d'identità la cittadinanza ravellese» guadagnando l'applauso dell'uditorio. Uomo di profonda cultura - svolge il ruolo di Vicario Episcopale per la Pastorale -, Don Angelo ha ceduto più volte alla commozione, come quando ha ricordato il suo percorso di fede proprio nel Duomo di Ravello, alla scuola rigorosa di Don Giuseppe Imperato senior, mentre il padre Vincenzo serviva la Chiesa Madre da sacrista. Il sacerdote cresciuto in via dell'Annunziata, a pochi passi dal bel campanile, ha ricordato le tappe fondamentali del suo cammino che oggi, per la volontà Divina, lo ha riportato a casa. Dopo il rito della consegna della chiave del Duomo, ha ringraziato davvero tutti: dai sui predecessori a Don Giuseppe Imperato junior a don Raffaele Ferrigno, alla famiglia francescana, alla sua famiglia. Presenti il fratello Pantaleone, con moglie e figlia e l'avvocato Salvatore Sammarco, padrino di battesimo di Don Angelo, giunto per l'occasione dal Cile.

Una Chiesa capace di dialogare con tutti.«Grazie a te, Chiesa di Ravello, che oggi mi accogli esultante. Con te desidero curare la passione per la cultura della prossimità e rifiutare la cultura dello scarto. La cultura della prossimità è l'humus proprio del vangelo di Gesù Cristo che deve fare di noi una Chiesa aperta, in cui ognuno si sente accolto, una Chiesa infinita, capace di raggiungere, come ammonisce papa Francesco, le periferie esistenziali, dove ci sono quelli che si sentono trascurati, quelli che non hanno il coraggio di denunciare i loro disagi e le loro difficoltà. Una Chiesa capace non solo di dialogare con coloro che frequentano il perimetro sacro del tempio, ma capace anche di affiancarsi a coloro che hanno smesso di credere e reclamano il dono della speranza. Gesù è la nostra speranza, da decantare alle coscienze di tutti, anche dei turisti che vengono da noi non solo per collezionare momenti di distensione e di ammirazione artistica, ma anche per rinvenire, nel sostrato della nostra cultura ravellese, quella marcia in più che è proprio la nostra fede».

I have a dream. Il nuovo parroco ripropone, facendolo proprio, il messaggio che nel 2000 l'arcivescovo Soricelli trasmise nel Duomo di Amalfi all'atto del suo insediamento: «Sogno una Chiesa viva in cammino, non un'azienda tecnicizzata, burocratizzata ed efficientista, sogno una Chiesa serva sull'esempio di Gesù servo. Una Chiesa attenta, aperta all'azione dello Spirito e all'azione dei tempi. Una comunità innamorata di Cristo, permeata di carità missionaria capace di volare in alto. Continueremo a mettere la famiglia al centro della pastorale e daremo spazio ai giovani, speranza della Chiesa e non trascureremo nessuna categoria di persone».

Tenero e commovente l'auspicio di Don Angelo per la sua Ravello, dedicandolo ai bambini, la speranza di questa Città. Chiede vicino a lui due fanciulli ravellesi, tiene le mani sulle loro piccole spalle e parafrasando alcune parole del brano trionfatore al festival di Sanremo "Non mi avete fatto niente" di Ermal Meta e Fabrizio Moro, dice: «Il sorriso dei bambini solleverà il mondo. Aiutatemi a dare ai bambini un esempio di testimonianza: se ci vedono grintosi (rivolgendosi a genitori, formatori e cateschisti) con Gesù, come i leoni e le leonesse del nostro ambone al vangelo, anche i bambini cresceranno forti, ravellesi forti, perché c'è Gesù Cristo».

Poi l'ultimo appello: «Chiesa di Ravello, rompi gli ormeggi, prendi il largo, spiega le vele al vento dello Spirito, con coraggio e ottimismo. Avventurati sul mare aperto, per una nuova primavera missionaria. Amen».

Al termine della celebrazione Don Angelo raccoglie l'abbraccio sincero della sua comunità emozionata, speranzosa ma anche fiduciosa in un nuovo cammino di Chiesa viva e aperta. Buon cammino Don Angelo, bentornato a casa.

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