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Territorio e Ambiente

Il Tempio di Bacco a Villa Cimbrone: storia e descrizione dell'intervento di restauro

Illustrazione delle caratteristiche del monumento, breve descrizione del contesto e note sull'intervento di restauro

Inserito da (redazionelda), giovedì 21 maggio 2020 12:14:18

di Alberto White*

Il tempietto è tipologicamente un edificio sacro monoptero di forma circolare senza cella (cfr. Vitruvio, De Architectura, libro IV, par. VIII, pp. 187-189, il tempio a pianta rotonda, Roma 1990). Questo piccolo monumento, all'interno di Villa Cimbrone, ricorda infatti le Tholoi greche e gli Heroa romani, tipi edilizi riproposti e inseriti in diversi giardini storici realizzati a partire dal 1700 fino ai primi anni del novecento in Inghilterra e anche in Italia, che rappresentano tipici esempi del classicismo romantico. Tra quelli più significativi uno è presente nella villa palladiana di W. Kent e lord Burlinghton a Chiswick (Londra), e altri, non necessariamente di pianta circolare, come quello inserito nel giardino coevo di Villa San Michele a Cesina (Capri) della Lady Lennox, ispirato al tempietto di Athena Nike sull'Acropoli di Atene. Villa Cimbrone, insieme a Villa Rufolo, è simbolo della Costiera Amalfitana; patrimonio UNESCO dell'umanit. Ha origini che risalgono al medioevo, e la sua storia fatta di abbandoni, riprese di attività edilizie e residenzialità, è molto articolata e ancora poco nota nei dettagli. Agli inizi del XIX secolo, malgrado le difficoltà di carattere logistico, dovute principalmente alla mancanza di una strada carrabile per raggiungere Ravello, la villa cominciava ad essere meta di molti viaggiatori sia italiani che stranieri, attratti soprattutto dalla settecentesca terrazza ornata di busti marmorei, denominata "Terrazza dell'infinito" per la stupenda vista su uno dei panorami più suggestivi ed emozionanti del nostro paese.

Ernest William Beckett, insignito del titolo di Lord Grimthorpe, acquista nel 1904 la proprietà dalla famiglia Amici di Atrani. E' un periodo abbastanza triste della sua vita, funestata dalla precoce morte della consorte, a soli ventotto anni, per il parto del figlio maschio Ralph William; egli afflitto e fortemente provato dall'evento, accetta il consiglio del suo medico e sceglie la Costiera Amalfitana come luogo ideale per un soggiorno di cura. Alcuni amici gli segnalano questa proprietà localizzata a Ravello, e egli vi si trasferisce decidendo di comprarla. Ritemprato e rasserenato, affascinato dalla bellezza del luogo, inizia con l'assistenza di un ravellese conosciuto in Inghilterra, Nicola Manzi, a trasformare Villa Cimbrone con l'intento di realizzare "il giardino più bello del mondo".

I lavori di restauro dei manufatti esistenti e le nuove opere sono condotti seguendo il gusto dell'eclettismo storico dell'epoca, arricchendo il parco con nuovi elementi costituiti da sculture e da padiglioni architettonici con precisi riferimenti alla cultura classica presenti con numerose citazioni riprese da letterati e poeti, disposti mai casualmente, ma secondo un percorso logico. Risulta evidente la riproposizione della villa classica romana e poi rinascimentale, concepite come luoghi deputati per coltivare lo spirito secondo la concezione dell'"otium creativo latino". Il tempietto di Bacco si può considerare come conclusione dell'itinerario dianzi descritto, non a caso si trova in un luogo appartato sul versante che si affaccia a sud-ovest sul vallone del fiume Dragone e che segna il confine tra il territorio di Ravello e quello di Scala. Vi si accede percorrendo un viale alberato cinto da un doppio filare di cipressi, delimitato a terra da bordure di profumata lavanda cui fa da fondale prospettico. Insiste su un piccolo promontorio anch'esso a strapiombo sui sottostanti terrazzamenti, con una superficie di ridotte dimensioni, che ne consente una visione molto ravvicinata.

Sono così stati descritti i precedenti storici e i riferimenti tipologici del tempietto, ora entriamo nel merito delle sue caratteristiche geometriche e costruttive. Il nostro è costituito da una base circolare con diametro di m 4,80 che potremmo definire "stilobate"; consta di due pedate realizzate in pietra lavica di cm 38 e tre alzate; su di esso poggiano otto colonne monolitiche in pietra locale molto utilizzata e chiamata "durece"; si tratta di un tipo di roccia piroclastica. Le colonne hanno fusto scanalato, piedistallo e toro della base in un unico blocco, al summocapo un capitello stilizzato con foglie d'acanto semplificate, o palme, volute e ovuli con riferimenti agli elementi dell'ordine architettonico composito. Il fusto delle colonne, alto m 2,10, è pari a sei volte il diametro all'immoscapo (0,35 x 6 = mt. 2,10). Un cilindro in muratura a sacco dello spessore di cm 42, con le superfici interne ed esterne rifinite ad intonaco che, con una libera interpretazione, funge da trabeazione, poggia sui capitelli con una interposta struttura metallica di ferri angolari a elle a lati uguali 50x50 posti ai bordi e collegati da ferri piatti 50 x10 a formare alla sua base una griglia reticolare d'appoggio. Al disopra di una prima fascia del cilindro, che possiamo leggere come architrave, è inserita una iscrizione in lettere di bronzo, che corre orizzontalmente lungo tutto il perimetro. Al disopra di questo cilindro emerge l'estradosso della cupola ricoperto da un manto di tegole in cotto (coppi e pianelle). L'intradosso, a causa del distacco degli intonaci degradati, evidenzia che la cupola è stata realizzata con la tradizionale tecnica adottata dalle maestranze locali, predisponendo una cassaforma lignea modellata con terra argillosa per definire in negativo la forma a spicchi del getto in conglomerato (opus concretum), effettuato in tre strati sovrapposti. La forma particolare dell'intradosso fa riferimento ai numerosi esempi di cupole medievali spesso utilizzate per costruire principalmente gli ambienti dei cosiddetti "bagni romani" presenti nelle "case palaziate" del 1200 e 1300 di proprietà dei mercanti e dei nobili, tuttora esistenti in costiera (Amalfi, Ravello, Scala). Un bellissimo esempio si può apprezzare nella torre d'ingresso di Villa Rufolo, il cui recente restauro, ad opera della Soprintendenza (Mibact) di Salerno e Avellino, ha rimesso in luce i colori dei citati "tipici spicchi" della cupoletta, mentre nelle fabbriche del monumentale complesso, al disotto del viale del belvedere lungo le scale, è localizzato un bagno con la caratteristica cupola; altri esempi si trovano in buono stato e si possono visitare sia a Ravello che nella vicina Scala. Questa tecnica edilizia è parte del patrimonio di cultura materiale, e per fortuna disponiamo di provetti giovani muratori capaci di operare per interventi di questa natura, che richiedono esperienza, conoscenze tramandate e soprattutto pratiche acquisite sul campo. La cupola nel suo piccolo è una struttura monolitica come quelle realizzate dai romani, per le sue caratteristiche costruttive, come anche il tamburo, è staticamente integra, malgrado le deformazioni evidenziate dal rilievo scanner laser che ha evidenziato la loro traslazione a causa dell'inclinazione delle colonne rispetto all'asse verticale. Conseguentemente il peso del tamburo e della cupola, non più ripartito correttamente, grava solo su una parte della superficie delle otto colonne, caricandole di punta e causando fratture e distacco di parti ammalorate. Le immagini della documentazione fotografica evidenziano plasticamente tutti i fenomeni fessurativi determinati non solo dal carico di punta, ma anche dall'ossidazione dei monconi in ferro inseriti per collegare fusto e basamento a terra, e dalla sommità della colonna fusto e capitello. Il rimedio praticato in maniera empirica tempo addietro costituito da cerchiature di ferri piatti imbullonati dei capitelli e dei fusti per tenere insieme le parti distaccate e stuccature con malte cementizie, ha causato ulteriori danni dovuti all'ossidazione e alla ruggine in aggiunta all'erosione, alla corrosione e al dilavamento della pietra esposta alle intemperie (venti e piogge intrise di salsedine). D'altra parte, il problema del "restauro" degli interventi eseguiti utilizzando elementi in ferro in numerosi cantieri fino agli anni settanta del secolo scorso, si è presentato, come negli interventi agli Scavi di Ercolano e nella stessa Villa Rufolo di Ravello, e ha comportato la loro sostituzione con altri materiali più idonei (acciaio inox, titanio, e di recente fibre di basalto). Nel caso specifico, preliminarmente all'intervento di restauro sono state acquisite conoscenze documentate nella Relazione Illustrativa del rilievo laser-scanner con le annesse tavole della restituzione grafica, e nella parte iniziale della Relazione Tecnica, che esibiscono i risultati delle diagnosi sui materiali.

L'intervento di restauro conservativo e in questo caso anche di consolidamento antisismico, per una corretta impostazione metodologica storico-critica, postula la necessità di effettuare anche una disamina della struttura formale dell'organismo architettonico, individuando la logica compositiva, le caratteristiche tipologiche e i riferimenti culturali. In precedenza è stato riconosciuto e descritto il tipo edilizio del tempio classico a base circolare e i riferimenti formali all'ordine architettonico composito con il fusto delle colonne scanalate ed i capitelli con foglie d'acanto e volute in forma stilizzata, ed è stata anche rilevata la libera e non canonica interpretazione del linguaggio classico. Proprio quest'ultimo aspetto pone un problema critico ed operativo ai fini di una corretta opera di conservazione del monumento. Dai documenti in possesso degli attuali proprietari e dalle ricerche d'archivio e bibliografiche effettuate, non risulta l'esistenza di un progetto, sia pure di massima, del tempietto, ma l'esame diretto del manufatto, in analogia con i caratteri di tutti gli altri elementi architettonici inseriti nel parco, dimostrano che essi erano parte di un disegno programmatico generale elaborato dal Lord, raffinato conoscitore e cultore del "giardino inglese" definito dagli storici espressione del "ClassicismoRomantico", attestato anche dalla presenza nella sua biblioteca di testi di giardinaggio e di botanica, in parte conservati, e l'apporto accertato di Gertrude Jeckill.

La realizzazione del tempietto, ad opera delle maestranze locali, è quindi il frutto della felice combinazione della cultura eclettica del committente e della tecnica costruttiva muraria tradizionale. Il risultato ottenuto dimostra l'inconsistenza delle posizioni critiche che non prendono in considerazione i valori della cosiddetta "architettura minore", negando il continuo processo osmotico, ricorrente in tutti i periodi storici, tra il linguaggio dell'architettura aulica e quello popolare. Invece proprio nel caso in questione, la scoperta di alcuni significativi elementi costruttivi e partiti decorativi tratti dal repertorio dell'architettura medievale locale, come ad esempio la cupola con l'intradosso a spicchi, gli inserti in "durece" delle cornici esterne del cilindro e quelli con le modanature in elementi di cotto assemblati per formare la cornice interna all' imposta della suddetta cupola, dimostrano l'esistenza di questa commistione ed evidenziano la necessità di tutelare e conservare il manufatto, non solo come testimonianza storica, ma anche come valida opera architettonica. In base a tutte le considerazioni e valutazioni qui esposte, l'intervento di Restauro è stato progettato e sarà eseguito avendo come priorità il rispetto dei caratteri originali e storici dell'organismo architettonico e la reintegrazione estetica della sua immagine per perpetuare la memoria di Lord Grimthorp. Il progetto di Restauro, approvato dalla Soprintendenza ABAeP di Salerno e Avellino, è il frutto di un lavoro di Gruppo Interdisciplinare costituito da: prof. Edoardo Currà, ingegnere; dott. Giuseppe Del Pizzo, ingegnere; prof. Stefano Podestà ingegnere; prof. Alberto White, architetto; dott. Giovanna White, architetto; dott. Valentina White, storica dell'arte e restauratrice. I lavori sono stati affidati all'Impresa Ronga di Salerno.

*architetto, docente universitario, progettista, direttore dei lavori

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