Tu sei qui: SportGiro d’Italia, perché il Sud non è mai protagonista?
Inserito da (admin), lunedì 18 maggio 2015 07:59:25
Con la tappa Benevento - San Giorgio del Sannio il Giro d'Italia 2015 ha toccato ieri il punto più a Sud dello Stivale. Il giorno di riposo, oltre che a permettere alla Carovana Rosa di spostarsi verso Civitanova Marche ed ai corridori di rifocillarsi, può essere utilizzato per lasciare spazio alle riflessioni. E' evidente, ormai, che negli ultimi anni la principale corsa ciclistica del Paese sta diventando sempre meno generosa con il Meridione: sono veramente poche le tappe che si disputano da Roma in giù e ciò alimenta non poche polemiche, tant'è che c'è chi si affretta a mettere in discussione il concetto stesso di Giro d'Italia. Onde evitare di parlare per partito preso, può tornare utile provare a capire qualcosa in più su come viene organizzato l'evento.
La maggior parte degli italiani "scopre" il ciclismo solo a maggio e, ciclicamente, a luglio quando qualche atleta nostrano si rende protagonista al Tour De France, come accaduto un anno fa con Vincenzo Nibali. Chi non segue abitualmente questo sport, quindi, non conosce un aspetto fondamentale delle corse di tre settimane: sono le salite a decidere la classifica generale di un Giro, di un Tour o di una Vuelta. La Corsa Rosa ha un suo appeal proprio perché in Italia ci sono alcune delle asperità più importanti della storia del ciclismo. E' un fatto geografico che siano collocate al Nord, sulle Alpi, e non al Sud. Al Meridione ci sono diverse montagne "appetibili" che, quasi ogni anno, ospitano comunque un arrivo nella prima settimana. Esse, però, non hanno le pendenze del Mortirolo, del Colle delle Finestre, delle Tre Cime di Lavaredo, dello Zoncolan, eccetera eccetera. Solo sulle Alpi si trovano salite con grandi difficoltà altimetriche e lunghezze importanti, tutte vicine tra loro: il c.d. tappone è quello che, generalmente, mette insieme 3-4 scalate in un unico giorno. Considerando che un Giro che si rispetti necessita di almeno 4-5 arrivi in salita, o comunque di un numero importante di tappe con ascese di difficoltà elevata, per un fatto logistico devono necessariamente svolgersi al Nord almeno 7-8 frazioni. Il Giro d'Italia si compone di 21 tappe ed una buona parte di esse, sostanzialmente, finisce per svilupparsi quasi sempre negli stessi posti. Va aggiunto, poi, che accaparrarsi la partenza di una grande Giro è un fatto di prestigio e, non a caso, molto spesso addirittura alcune edizioni iniziano dall'estero, in Paesi che non hanno una manifestazione analoga. Quando questo accade, le tappe "disponibili" per il Sud diventano ancora meno.
Fatte le dovute premesse di carattere geografico e tecnico, si può ragionare sull'aspetto mediatico ed economico della competizione: il dio denaro, che piaccia o no, si è ormai appropriato anche di questo sport. Gli eventi principali sono trasmessi in diretta mondiale: le partenze di tappa e soprattutto gli arrivi sono eventi molto gettonati perché, in pratica, consentono alla città o al territorio ospitante di godere di una visibilità internazionale, con le immagini che entrano nelle case di appassionati in tutto il mondo. Ogni tappa viene assegnata sulla base di un lavoro posto in essere da un comitato che mobilita gente e, soprattutto, soldi. Molte volte, per far sì che il Giro d'Italia arrivi o parta da una località che ambisce ad essere città di tappa, occorre lavorare per anni. La concorrenza è agguerrita ed è alquanto singolare che al Sud, dove questo sport non è praticato come al Nord, a nessuno interessi la portata pubblicitaria offerta da una vetrina del genere. Regioni come la Campania, la Puglia, la Calabria e la Sicilia, che potrebbero essere le "Baviera del Turismo", dovrebbero battagliare per aggiudicarsi appuntamenti di questo tipo per autopromuoversi. Invece, purtroppo, continuano a vivere molto spesso dell'arte dell'arrangiarsi e di clientela politica più o meno rientrante nei confini della legalità. Altrove, nel frattempo, sfruttano le occasioni e fanno il contrario, attraverso l'impegno e la lungimiranza di amministratori pubblici ed imprenditori che in qualche modo hanno capito il vero significato del "gioco". Poi, come sempre accade al Sud, una volta che si rimane indietro e ci si stente tagliati fuori, parte il solito vittimismo privo di costrutto che porta a puntare il dito sugli "altri", fin quando il ferro è caldo: finito il Giro, a nessuno frega più niente.
Allora chi ha ragione?
Le colpe sono un po' di tutti anche se, considerando gli aspetti logistici illustrati e quelli economici ormai primari, è bene rendersi conto che i tempi dei ciclisti che correvano sugli sterrati portando le bici in spalla sono finiti da un pezzo. Volendo anche tralasciare lo stato pietoso di molte strade che attraversano il Sud, è evidente che molto spesso i pochi appassionati, da soli, non hanno la forza di portare il Giro d'Italia nel proprio territorio se non supportati politicamente e dal tessuto economico-produttivo. E' inutile girarci intorno: se non prende piede l'idea che la Corsa Rosa è diventata una cartolina che si regge, come ogni grande evento, grazie agli investimenti di chi è interessato a che si realizzi, la situazione non cambierà mai.
(In foto: la maglia rosa Alberto Contador ed il vincitore di ieri, Paolo Tiralongo - Fonte: Lapresse.it)
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