Tu sei qui: PoliticaQuando rispondere (della cosa pubblica) è un dovere
Inserito da (redazionelda), venerdì 3 luglio 2020 16:04:42
di Donato Bella
Il decadimento della vita politica assume aspetti sempre più sconcertanti anche nelle piccole realtà. Per esempio, vedasi Maiori. Le minoranze consiliari avanzano circostanziate contestazioni alla gestione della società partecipata Miramare Service, chiedono la convocazione del consiglio comunale per votare la sfiducia all'amministratore unico della predetta società, il consiglio, con voto segreto, nel quale ai sei voti dei consiglieri di minoranza se ne aggiunge uno della maggioranza, approva la mozione di sfiducia, 7 a 6. Dopo qualche giorno, la maggioranza riconvoca il consiglio e, a voto palese, trova l'espediente per confermare la fiducia all'amministratore sfiduciato pochi giorni prima.
Chiarendo che qui il ragionamento mette da parte ogni giudizio sull'amministratore unico, per potrà anche essere la persona migliore e l'esperto più in gamba d'Italia, ciò che sbalordisce e lascia nello sconforto non è tanto l'uso spregiudicato dei tatticismi per ottenere il risultato desiderato, bensì la capacità dell'amministrazione comunale di glissare su tutte le articolate e precise contestazioni delle minoranze circa la negligenza dalla società rispetto agli obblighi formali assunti e dichiarati pubblicamente. Nessuna risposta, nessun contraddittorio sul merito, il dibattito politico è ridotto a zero, contano i numeri non la sostanza, la quale scompare totalmente dalla prassi politica. Da un po' di tempo, la tendenza è diventata costante, non è più episodica, e riguarda il livello nazionale quanto quello locale. Ormai tutto si risolve colla forza dei numeri, non c'è più dialettica ed è diventata merce rara l'onestà intellettuale, quella che ti fa ammettere che hai fatto una cazzata quando hai fatto una cazzata. È come quando si pretende di sostenere con alzate di mano, non con la verifica dei fatti, che Ruby è la nipote di Mubarak.
Non parliamo poi delle risposte che ogni tanto bisognerebbe dare ai cittadini amministrati. Capita, a chi ha avuto l'esperienza di governare anche piccole comunità, di essere bersaglio pure di interrogazioni pretestuose, ostruzionistiche, degli oppositori, ed è comprensibile che a volte si possa reagire a questo in modo indisponente. Non è che si debba amministrare con l'incubo di rispondere a tutti e su tutto quotidianamente; se ci si facesse imprigionare da una tale ansia si finirebbe per apparire insicuri come fuscelli nel vento. Però, cavolo, ad alcune richieste legittime e puntuali che riguardano il destino della comunità si ha l'obbligo di rispondere! Non è possibile uscirsene col mantra che "tra cinque anni gli elettori voteranno e giudicheranno".
Certi episodi evidenziano che lo scivolamento della pratica politica verso il peggio sembra stia subendo un'accelerazione che non promette bene per il futuro. Torna, dunque, il bisogno di una riflessione sulla necessità di non sprecare l'occasione offerta dalle elezioni amministrative di settembre. Una riflessione che dovrebbe riguardare prioritariamente i diversi attori in campo, per spingerli a guardare alla città più che alle mere ambizioni personali o agli interessi di lobbies e gruppetti vari. Non smetteremo di dirlo fino all'ultimo giorno utile.
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