Tu sei qui: Politica“Napoli Teatro Festival Italia” nel nome di Tomasi Di Lampedusa e Mario Martone
Inserito da (ranews), martedì 5 giugno 2018 18:19:03
Di Paolo Spirito
Per l'undicesima edizione del Napoli Teatro Festival Italia, la seconda diretta da Ruggero Cappuccio, la sezione "Mostre" si amplia, comprendendo due appuntamenti dedicati alla Storia della Letteratura Italiana e al Cinema, riproponendo le opere di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e di Mario Martone.
Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957) scrisse uno dei maggiori capolavori della letteratura del novecento, "Il gattopardo". L'opera fu pubblicata postuma da Feltrinelli nel 1958, un anno dopo la morte dell'autore, vincendo il Premio Strega nel 1959, e diventando uno dei best-seller del secondo dopoguerra; è considerato uno tra i più grandi romanzi di tutta la letteratura italiana e mondiale. Nel 1963 Luchino Visconti ne trasse l'omonimo film, interpretato da Claudia Cardinale, Alain Delon e Burt Lancaster, che quell'anno vinse la Palma d'Oro al Festival di Cannes. Ma Lampedusa scrisse solo durante gli ultimi tre anni della sua vita, mentre fu sempre uno straordinario e perspicace lettore. Di questo tratta la mostra ospitata presso il Salone d'Ercole del Palazzo Reale di Napoli - inaugurazione e apertura al pubblico l'8 giugno p.v., ore 12.00, visitabile sino al 10 luglio - a cura di Gioacchino Lanza Tomasi e José Vicente Quirante Rives, che presenta i corsi di letteratura inglese e francese che Lampedusa scrisse per Francesco Orlando nella Palermo del dopoguerra, e anche la letteratura spagnola che lesse insieme a Gioacchino Lanza di Mazzarino, che diventerà suo figlio adottivo. "Leggere bene per vivere meglio", questo il messaggio che Lampedusa, dopo le delusioni della vita ed il bombardamento del palazzo di famiglia durante la II Guerra Mondiale, voleva trasmettere ai giovani. Manoscritti, oggetti personali, fotografie e libri della sua biblioteca personale offrono una visione inedita dello scrittore siciliano che ci fa capire meglio la sua passione per la letteratura ed il suo capolavoro, "Il Gattopardo". La mostra, in cui si possono apprezzare le lezioni di letteratura inglese (da Shakespeare a T.S. Eliot), francese (da Rabelais a Stendhal) e spagnola (da Cervantes a García Lorca), presenta un lettore eccezionale per ricordare oggi l'importanza della cultura europea. Proprio Francesco Orlando nel suo "Ricordo di Lampedusa" (1962) seguito da "Da distanze diverse" (1996), raccontando la sua giovinezza a Palermo, i suoi anni di formazione, ci dà un ritratto vivo e penetrante del principe-scrittore. Ci racconta i suoi gusti, le sue abitudini, le sue idiosincrasie, le sue opinioni sull'Italia, sulla Sicilia nonché sui massimi autori della letteratura mondiale. E' proprio per insegnare a Orlando la lingua e la letteratura inglese che Tomasi scriverà diligentemente in quegli anni una grammatica e una storia della letteratura da Chaucer a Shakespeare fino a Eliot e Graham Greene. Il libro di Orlando è un libro sulla giovinezza e sulla vecchiaia, sul leggere e sul conversare, sulla solitudine dello scrittore e sulla volontà di trasmettere la sua esperienza di lettore e di uomo. Atmosfere, ricordi e suggestioni trasposte cinematograficamente in quel meraviglioso film di Roberto Andò, "Il manoscritto del Principe", uscito in sala nel 1999, e incentrato sugli ultimi quattro anni di vita di Giuseppe Tomasi di Lampedusa - gli anni in cui scriverà "Il Gattopardo" - e sul rapporto tormentato con il suo allievo Francesco Orlando, cui dedicò in quegli stessi anni un singolare corso di lingua e letteratura inglese e francese. Il film, molto apprezzato dalla critica, vinse il Nastro d'Argento come migliore produzione, il premio Fellini e il premio Sergio Leone per la regia, e la nomination come miglior regista ai David di Donatello.
In occasione dei quarant'anni di attività del regista napoletano Mario Martone, fondatore nel 1979 del gruppo teatrale Falso Movimento, il Museo Madre presenta dal 2 giugno al 3 settembre il primo progetto di vera e propria produzione filmica, realizzato in collaborazione con PAV, organizzazione di riferimento per la gestione dell'Archivio Mario Martone. Attraverso il montaggio di documenti e filmati inediti, immagini di repertorio, brani di film, riprese di spettacoli teatrali e foto di scena, che ne documentano la poliforme attività creativa attraverso un arco storico di quarant'anni, l'esperienza artistica di Martone viene presentata nella veste di un film-flusso strutturato secondo un ordine non cronologico ma evocativo in cui tutti i segni - performances, spettacoli, film, opere - che punteggiano la storia del regista napoletano, convivono in un rapporto orizzontale e contemporaneo. Proiettato simultaneamente su quattro grandi schermi nella sala Re_PUBBLICA MADRE, il film-flusso rielabora musealmente la messa in scena di un celebre spettacolo di Martone, Ritorno ad Alphaville, ispirato dall'omonimo film di J.L. Godard, riprendendone l'andamento circolare e la visione simultanea da parte del pubblico.
Mario Martone ha cominciato a lavorare a Napoli nel 1977, nel clima delle avanguardie di quel periodo, fondando il gruppo "Falso Movimento" e realizzando spettacoli che fondevano gli elementi del teatro, del cinema, della musica e delle arti visive come Tango Glaciale ('82), Il desiderio preso per la coda da Picasso ('85), Ritorno ad Alphaville da Godard ('86). Dieci anni dopo, insieme a Toni Servillo e Antonio Neiwiller, ha dato vita a "Teatri Uniti", una compagnia tesa all'incontro tra gli artisti napoletani della nuova generazione, con cui ha realizzato anche alcuni dei suoi film da regista indipendente, tra i quali, il suo primo lungometraggio, "Morte di un matematico napoletano", vincitore del Gran Premio della Giuria a Venezia nel '92, "L'amore molesto" ('95), "Teatro di guerra" ('98). Ha realizzato numerosi documentari e cortometraggi e ha filmato alcuni lavori teatrali d'eccellenza, tra i quali, insieme a Toni Servillo, lo spettacolo-manifesto di "Teatri Uniti" Rasoi, su testi di Enzo Moscato. Ha ricevuto numerosi premi nei suoi diversi ambiti di lavoro, dai David di Donatello per tre dei suoi film ai Premi della critica teatrale, dal premio Abbiati per l'opera lirica al premio Ubu per il suo impegno nel rinnovamento del Teatro di Roma, istituzione che ha diretto tra il '99 e il 2000 e dove ha compiuto un lavoro di radicale cambiamento della programmazione, aprendo alle altre arti e alle nuove espressioni sceniche e fondando un teatro, l'India, ricavato da una vecchia fabbrica in disuso sul Lungotevere. Successivamente ha contribuito all'evoluzione del Mercadante come Teatro Stabile di Napoli, facendo parte per tre anni del suo comitato artistico. Dal 2007 al 2017 è stato direttore artistico del Teatro Stabile di Torino. Contemporaneamente alla sua attività in ambito teatrale ha proseguito il suo lavoro come regista cinematografico realizzando nel 2004 "L'odore del sangue", nel 2010 "Noi credevamo" e nel 2014 "Il giovane favoloso" ispirato alla vita e all'opera di Giacomo Leopardi.
L'enfant prodige del Teatro italiano, ora che di anni ne ha 59, se gli si chiede quale nuova condizione spirituale gli abbia consegnato la maturità, risponde: "Forse mi ha portato un po' di leggerezza. E' vero che gli ultimi miei spettacoli, "La morte di Danton" e "Il Sindaco del Rione Sanità", non possono dirsi leggeri, ma trovo che la mano che li conduce attraverso la complessità sia lieve. La leggerezza nasce dall'esperienza, Antonio Neiwiller (assieme a Toni Servillo, Renato Carpentieri e tantissimi altri si vedono spesso nel film-flusso) diceva sempre: ‘Bisogna fare con quello che c'è'. Quando devi fare un lavoro e non hai niente. Ma anche quando hai a disposizione una grande macchina produttiva. Non è vero che più hai e meglio è. Anzi. E questo l'ho imparato con la maturità".
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