Tu sei qui: AttualitàUn prete si confessa: colloquio-intervista di Alberto Quintiliani e Anna Maria Tagliamonte con Don Vincenzo Taiani
Inserito da (Admin), domenica 4 settembre 2022 20:33:49
di Alberto Quintiliani con Anna Maria Tagliamonte
Io pensavo che con il suo collocamento in quiescenza, Don Vincenzo - alias" Vostra Beatitudine", che, nell'occasione appunto della pensione, si è auto promosso, "Vostra Eminenza"- si sarebbe calato nel nuovo ruolo - sia come look e sia come comportamenti (propri di questo nuovo "status"): vita tranquilla e meno frenetica, colloqui con i suoi tanti amici e le sue tante (ex) pecorelle, con cui ricordare e rinverdire avvenimenti pregressi - magari su qualche panchina del "Corso Reginna"- per poi calarsi in letture rilassanti, approfondimenti filosofici e teologici, "brain storming" sui vari, e a volte controversi, contenuti dei Vangeli e così via.
Pensavo...ma non avevo fatto i conti con il carattere e le attitudini del mio carissimo amico Sacerdote, nel quale qualche volta incontro anche lo spirito esuberante, e a volte "battagliero", del mitico "Don Camillo" di antica e gradevole memoria di Giovannino Guareschi, soprattutto quando si "infervora" e "mena acuminati fendenti" nelle sue appassionate omelie domenicali, come a quelle a cui ho assistito in queste domeniche estive.
Certo non mi sarei lontanamente aspettato che la "quiescenza" avrebbe per lui rappresentato non un "punto di arrivo", bensì un particolare punto, che ha tanto il "sapore" dell'inizio. A cosa intendo riferirmi? Mi riferisco ai notevoli risultati che "Vostra Eminenza" ha conseguito in questi ultimi tempi nel versante studi: si proprio agli studi mi riferisco, perché Don Vincenzo, terminata la carriera ecclesiastica, anziché appendere le scarpette al chiodo - come comunemente si definisce il termine della carriera calcistica- ha raggiunto traguardi di assoluto rilievo nel campo universitario e del dottorato di ricerca, in aggiunta ad altri titoli già presenti nel suo nutrito "palmarès" , come da opportuno curriculum che illustro qui di seguito:
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"Il parroco emerito Sac. Prof. Vincenzo Taiani, già in possesso del Baccalaureato, della licenza, della laurea e del Dottorato di Ricerca in Teologia Dogmatica, conseguiti, prima e un po' dopo dell'ordinazione sacerdotale, presso la Facoltà Teologica dell'Italia Meridionale, sezione S. Luigi a Napoli, con i Docenti Padri Gesuiti, già in possesso della laurea in Filosofia conseguita il 28.06.1973 con votazione 110 e lode presso l'Università Federico II di Napoli, ha conseguito in questo periodo di pandemia e di guerra, la laurea magistrale in Psicologia, il 9 luglio 2022 con votazione 110 e lode, il Dottorato di ricerca in Filosofia il 9 luglio 2022 con votazione 110 e lode, e il Dottorato di ricerca in Scienze Psicologiche Antropologiche e dell'educazione il 19 agosto 2022 con votazione di 110 e lode."
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Occorre adesso riprendere un minimo di fiato, dopo aver enunciato un così nutrito e prestigioso curriculum.
Naturalmente l'occasione di esplicitare i successi di Don Vincenzo è troppo "ghiotta" per non mettere sotto i riflettori le motivazioni di questi obiettivi, che si era prefisso e brillantemente raggiunti, in un'età non più verdissima, ma che non ha minimamente "intaccato" né la forma fisica ed ovviamente neanche la lucida forma intellettuale, che, in lui, è sempre piena degli indispensabili e validissimi ingredienti: acuta, sempre attenta, vigile, puntuale, memoria ferrea, ricordi, collegamenti, diagnosi ecc. ecc.
Questa occasione è inoltre propizia a Don Vincenzo per mettere in luce e narrare alcuni avvenimenti pregressi, e raccontare un minimo della storia che ha caratterizzato la sua "carriera" ecclesiastica. Da qui il titolo da lui scelto per l'articolo-intervista: "un Prete si confessa..."
Pertanto, partendo da quanto sopra illustrato, "Vostra Eminenza" sarà "assalito" da domande che saranno rivolte alternativamente, oltre a me, dalla Prof.ssa Anna Maria Tagliamonte, che conosce benissimo Don Vincenzo fin da quando era Presidentessa dell'Azione Cattolica di Maiori.
Iniziamo la conversazione-intervista, con la Prof.ssa Anna Maria Tagliamonte che mi concede l'onore di iniziare con due domande, di cui la prima è la seguente:
d) Carissima "Vostra Beatitudine" - consentitemi di utilizzare ancora questo vezzeggiativo - dal momento che, come recita Eduardo De Filippo, gli esami non finiscono mai, mi piacerebbe, prima ancora di "testare" le vostre notevoli e variegate competenze - umanistiche e letterarie - di entrare in un settore, che ha nulla o poco a vedere con la Vostra ex "professione" ed i vostri studi, e che fino a qualche tempo fa non era per Voi consueto: intendo riferirmi all'economia e alla finanza", discipline che vi hanno visto principalmente assumere un ruolo di "apprendista" nei nostri plurimi colloqui - anche tecnici - argomenti che adesso, invece e molto spesso, fate entrare prepotentemente e criticamente nelle vostre intense omelie. Desidero proprio vedere se posso anche io attribuirvi un dottorato di ricerca ‘ad honorem' in "Economia e Finanza", magari anche qui con l'auspicata votazione di 110 e lode.
Ecco la domanda: dopo i danni, i lutti e le difficoltà economiche procurate dalla grave epidemia di coronavirus che ha investito poco più di 2 anni fa il nostro Pianeta, stiamo affrontando una nuova e deleteria "batteria" di difficoltà economiche -oltre purtroppo alle perdite umane- che sta causando la terribile guerra in Ucraina, ancora in corso, che sta tra l'altro "mettendo alle corde" il nostro ex opulento mondo occidentale. Cosa Vi sentite di dire in proposito sull'argomento?
r) Vedi, figlio mio (quando Don Vincenzo utilizza con me questa introduzione, significa che il discorso si indirizza su binari estremamente seri!) è il mondo intero che si sta purtroppo lentamente "sfaldando" o, addirittura, come dice il nostro Papa Francesco, è un mondo malato, e sta perdendo quei principi e quelle caratteristiche di socialità e rapporti umani che l'hanno contraddistinto per secoli: oggi non si parla più di fratellanza tra popoli, di solidarietà, di aiuti per i più poveri e i più Oggi, come mi hai insegnato anche tu nei nostri colloqui, "economico-finanziari", nel nostro mondo moderno "imperversa" indisturbato un "feticcio", che assume la connotazione dell'onnipotenza: il "dio denaro", attraverso le varie organizzazioni finanziarie che operano "H24" e condizionano pesantemente i destini delle nazioni, dei popoli e della gente. La "finanza" è soprattutto spietata e spregiudicata, è ovviamente senza cuore, ed è fedele ad un unico principio: "pecunia non olet".
Venendo alla guerra in Ucraina, osserviamo che anche la recente ed abnorme impennata dei prezzi del gas, dell'elettricità, delle materie prime e di altre "commodities", che possono "mettere in ginocchio" le economie dei paesi - al di là delle varie "sanzioni" o normali variazione dei costi di produzione - ricade per una parte importante sotto il "giogo" (non gioco) della finanza con i suoi "attacchi speculativi", che fanno "ballare" i prezzi a loro piacimento e sono finalizzati all'unico obiettivo: esclusivamente il profitto. Del resto, come mi hai insegnato tu, la finanza specula (al rialzo o al ribasso), non solo su tutta una serie di strumenti finanziari, ma anche addirittura su materie prime, petrolio, gas, derrate alimentari ecc..
Anche la Chiesa è impotente, nonostante i ripetuti richiami del Santo Padre, ad arginare questi fenomeni negativi, anzi la Chiesa stessa è a sua volta periodicamente oggetto di attacchi spregevoli.
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"Vostra Beatitudine" permettetemi una intromissione di solo un momento, per complimentarmi con Voi, per la vostra acquisita competenza su questi ultimi argomenti trattati, che non sono propriamente semplici: adesso comprendo meglio le motivazioni delle tante lauree e dottorati di ricerca acquisiti con i vari 110 e lode ed io mi permetto di aggiungerne anche un altro: il dottorato di ricerca in "Economia e Finanza", ovviamente con la stessa votazione.
Passo adesso la parola alla Prof.ssa Anna Maria Tagliamonte, che metterà nel suo mirino il Don Vincenzo, professore-collega, nonché il Sacerdote-teologo.
d) Carissimo Don Vincenzo, veniamo ora a parlate dei vostri nuovi traguardi accademici. Come mai un'altra laurea, e, per giunta, in psicologia, quando già erano più che sufficienti e prestigiose le altre vostre due lauree in teologia dogmatica e in filosofia, che vi sono servite per il vostro servizio di docenza?
r) L'idea di continuare a studiare e prendermi la laurea in psicologia mi è nata allorquando ero studente presso la Facoltà di Teologia dell'Italia Meridionale, sez. S. Luigi di Napoli, tenuta dai Padri Gesuiti. Fra le tante discipline di carattere teologico, scelsi un esame facoltativo di caratteriologia, ai fini della pastorale. E il prof. scelse le opere del filosofo psicologo Renè Le Senne. Mi appassionai così tanto da aprire, nella postazione del mio tavolo da studio, un angolo gratuito di caratteriologia per i miei condiscepoli.
Fu un andirivieni continuo. Tutti volevano sapere quale fosse il proprio carattere ed io mi accorsi di avere una predisposizione e una intuizione non comune in materia. Da qui il desiderio di conseguire una laurea in psicologia. Ma prima dovevo conseguire i titoli accademici teologici per essere ordinato sacerdote e prendermi, successivamente, la laurea in filosofia per diventare prof., perché mi sentivo di poter donare ai giovani ciò che io ero andato a scoprire nei miei studi filosofico-teologici. Però non avevo dimenticato il mio primo amore culturale. E così, dopo aver conseguito la laurea in teologia con il dottorato di ricerca e la laurea in filosofia, mi recai a Roma, per iscrivermi al corso di laurea in psicologia. Si tenga presente che, in quel tempo, la facoltà di psicologia era un corso esistente solo nell'università statale di Roma. Ero preparato a tutto. In segreteria mi dissero di inviare, per raccomandata andata e ritorno, una richiesta al Rettore Magnifico e per conoscenza al senato accademico, in carta da bollo, con tutti gli esami sostenuti per le due lauree già in possesso chiedendo di indicarmi gli esami omologabili possibili. E mi diedero un piccolo depliant con gli info necessari. Dopo qualche mese, giunse a me fremente e ansioso la risposta, consistente nello stesso depliant fornitomi un mese prima dalla segreteria. Si immagini la mia delusione! Ingoiai la pillola e me lo scrissi al dito. Frattanto sopraggiunsero gli impegni di parrocchia e l'insegnamento statale, che mi assorbirono completamente, ma non mi cancellarono l'obiettivo che mi ero prefisso. Sono passati molti anni da quei giorni tristi, ma non mi ha mai abbandonata l'idea della laurea in psicologia. Anzi è andata sempre vieppiù consolidandosi, perché la mia vita di sacerdote è stata spesa per metà nella direzione spirituale ai giovani e alle giovani che incontravo a scuola, nei gruppi ecclesiali, nelle associazioni laicali. E sono contento che quegli incontri con la gioventù hanno dato frutti abbondanti: alcuni giovani, infatti, sono diventati addirittura sacerdoti, altre anime si sono consacrate celibi al Signore nel mondo. Frattanto andavo percependo in me, migliorandosi e consolidandosi, una capacità, una predisposizione, una intuizione, una tale possibilità naturale di interloquire fruttuosamente con chi si affidava alla mia direzione spirituale, che mi consentiva una facile introspezione in quelle anime, che si aprivano al dialogo con me. Ma, nel contempo, avvertivo anche un limite alla mia azione, per la mancanza di tecniche, di regole scientifiche, di strategie atte a meglio interagire con l'interlocutore di turno. Ed ho sempre pensato che, oggi più che mai, il sacerdote deve essere anche uno psicologo aperto al colloquio spirituale con strumenti, che aiutino lui e le anime dei suoi figli spirituali. Ecco il perché del conseguimento della laurea in psicologia, che nasce da una attitudine naturale del mio DNA, che io ho scoperta in me e che ho intesa valorizzare nel meglio possibile e consentito. Percorrendo questo mio itinerario interiore, conseguire il traguardo accademico ha il significato di una rivincita su quel diniego, su quella inesplicabile, incomprensibile e deludente risposta dell'università romana, che non ha avuto né il buon senso e neanche il potere di annullare il desiderio e l'aspirazione di un giovane e neppure la sua libertà di scelta culturale.
d)Ancora la Prof.ssa Tagliamonte: Don Vincenzo, un'altra domanda sorge spontanea: dal momento che non espletate più un servizio di docenza filosofica o psicologica, a cosa Vi possono servire questi nuovi, pur prestigiosi, titoli accademici?
r) Prendermi la laurea in psicologia e i due dottorati in psicologia e in filosofia servono in primis e innanzitutto a me stesso per una completezza dei percorsi culturali iniziati in gioventù.
E' vero che non mi servono più per la docenza, ma mi possono sempre servire per la vita, per il tempo che il Signore mi concede ancora di vivere. Non li ho conseguiti per vantarmi o per far sfoggio di titoli o di cultura, per vanagloria (sic transit gloria mundi), autoesaltazione o autoglorificazione. Perché innanzitutto mi piace approfondire, essendo io molto analitico e cercatore della verità fino in fondo. Immanuel Kant ci ha fatto capire che la verità non è mai esaustiva e definitiva, è sempre una ricerca che non ha termine; e come una mela che si magia a morsi e a bocconi un poco alla volta. E aveva ragione perché la Verità, in definitiva, è Dio. La mia curiosità intellettuale la si può paragonare ad una matrioska: andare sempre più dentro a qualsiasi verità umana e scientifica.
Ma come educatore e docente il conseguimento di questi titoli vuole essere anche un invito, un esempio, una sollecitazione per tutti i giovani e per ogni persona di buona volontà, affinché non perdano tempo, soprattutto nell'età della formazione e anche oltre. Il tempo della pandemia, ad esempio, ha rappresentato ed è stato trascorso, per alcuni e soprattutto per i più giovani, in una noia esasperante fin o a creare depressione e abulia. Per me è stato impegnato e sfruttato per approfondimento, per allargare la mia cultura, il mio sapere, le mie conoscenze e per raggiungere dei traguardi. "Tempus breve est". Il tempo è sempre breve, Qui cade a proposito la bella preghiera di Michel Quoist: ‘Signore, ho il tempo'. Sfruttare il tempo a disposizione per acculturarsi deve essere un impegno soprattutto per i giovani. "La bellezza salverà il mondo", scriveva Dostoevskij. Mi permetto parafrasare quel detto ormai diventato famoso quasi come un proverbio e cambiarlo in "La cultura salverà il mondo". Mio maestro in questo è stato Don Lorenzo Milani e la sua scuola di Barbiana. Ho letto quasi tutte le sue opere, da Esperienze Pastorali a Lettera ad una professoressa.
Ho avuto riscontro di quanto vado dicendo nei complimenti che mi sono stati inviati da alcuni giovani, a proposito dei titoli conseguiti: "Il vostro è per noi un grande esempio sia per l'importanza di accrescere sempre la conoscenza, sia per l'importanza di fissare sempre nuovi traguardi ed impegnarsi a raggiungerli", ancora: "Lei è davvero un grande esempio per tutti noi', ‘Siete un esempio da seguire', ‘Ricordo che durante una lezione al liceo parlaste di traguardi da raggiungere, aspirazioni, passioni e dei sacrifici che fanno i genitori per i figli, i quali dovrebbero avere come obiettivo quello di raggiungere e superare il livello culturale dei genitori. Fu una lezione molto stimolante, tanto da ricordarla ancora dopo 40 anni".
E per terminare, la cultura ingentilisce l'animo, toglie la rozzezza, la grossolanità, la stoltezza, la stupidaggine addirittura, la saccenteria e fa conoscere e ad appassionare alle cose belle, utili. E, soprattutto, costruisce una società più a misura dell'uomo saggio e sapiente.
d) Don Vincenzo, ancora un'altra domanda sugli argomenti che state trattando e che riguarda anche la Vostra attività pastorale: dal momento che non siete più in servizio attivo, in che modo l'acquisizione di nuovi titoli interessano le Vostre scelte sacerdotali e pastorali?
r) Questa è una domanda che mi intriga di più, perché, parlando di cultura, mi rimanda ad un mondo, quello cattolico, in cui manca la cultura e perché mi fa cogliere un'occasione più unica che rara per esprimere quello che può essere chiamato un interrogativo personale a cui non riesco a dare altra risposta più adeguata di quella che rimugino spesso dentro di me. Senza cultura non c'è fede convinta, senza cultura non c'è cattolicesimo. Quel comando di Cristo "Andate in tutto il mondo e predicate il Vangelo ad ogni creatura", «Andate dunque e fate discepoli tutti i popoli, battezzandoli nel nome del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, insegnando loro a osservare tutto ciò che vi ho comandato» (Mt 28,19-20), è un comando di acculturazione del popolo cattolico. L'interrogativo è: quanti sono i cattolici nel mondo? Una statistica del web dichiara che oggi i cattolici sono circa 360 miliardi su una popolazione mondiale di circa 7,8 miliardi. Pochi! Perché? Le ragioni, a mio avviso, si individuano nell'assenza di una cultura della religione cattolica. San Girolamo affermava che "l'ignoranza delle Scritture è ignoranza di Cristo". Forse leggiamo molti libri ma la Bibbia la lasciamo in uno scaffale a prendere polvere perché pensiamo di conoscerla già!
La sacra scrittura è un grande puzzle, costituito da tanti tasselli che si intersecano tra di sé e costruiscono un quadro meraviglioso da vedere, da gustare, da ammirare e da condividere nella sapienza e nella saggezza individuale.
Non finiremo mai di penetrare la profondità della Parola e di venire arricchiti da essa. La Bibbia è un dono che non dobbiamo sciupare, una lucerna che ci indica il cammino e la strada giusta da prendere, sempre! Non abbiamo ancora capito la bellezza, la straordinaria verità, la saggezza, la profondità, l'altezza della nostra fede cattolica.
Spesso, durante le Messe domenicali mi soffermo, all'inizio dell'omelia, sulla struttura delle tre letture che costituiscono la parola di Dio, che prepara la comunità credente al sacrificio eucaristico del Corpo e del Sangue di Cristo, al fine di far assaporare ai credenti presenti nell'assemblea domenicale la goduria della parola di Dio anche dal punto di vista strutturale, prima ancora di quello dottrinale.
Concludo con un piccolo spunto della mia vita: nel superare l'abilitazione nel concorso di Scienze Umane e storia con il massimo di voto possibile di 100/100 presentai un lavoro scritto di un grande rapporto umano, psicologico-didattico esemplare, metodologico e paradigmatico: l'incontro di Gesù con la samaritana al pozzo di Giacobbe.
Leggere il Vangelo (la Sacra Scrittura) diventa cultura e poi la cultura diventa fede.
Certamente Don Vincenzo è stato sufficientemente messo sotto i "riflettori" ed ha risposto "senza fronzoli" alle incisive domande, con risposte dirette ed esaurienti, come è suo costume e come stile di comportamento nei colloqui che intrattiene con chiunque.
Adesso, a conclusione del nostro intenso colloquio-intervista desidero ringraziare Don Vincenzo per la sua squisita disponibilità a conversare "apertis verbis" con noi.
Con l'occasione lo ringrazio sentitamente per la sua affettuosa e preziosa amicizia - che dura ormai da anni - che mi consente sempre di far affidamento su di lui, anche semplicemente soltanto per sentirlo ed apprezzare le sue parole. Fra l'altro la laurea in psicologia, che ha recentemente acquisito, conferma una mia convinzione che ho da sempre avuto: Don Vincenzo è naturalmente portato per i rapporti umani e nei colloqui che intrattiene riesce sempre ad entrare dell'animo delle persone con cui interloquisce rendendo semplici ed efficaci le sue rassicuranti parole ed i consigli che, a conclusione della conversazione, rappresentano sempre e comunque un tonico per l'anima!
Grazie di tutto Don Vincenzo, con tantissimi affettuosi auguri per il Vostro ancora intenso futuro pastorale!
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