Tu sei qui: AttualitàRavello-Costa d’Amalfi mancata capitale della cultura: cosa non ha funzionato?
Inserito da (redazionelda), mercoledì 17 gennaio 2018 16:51:46
di Antonio Schiavo
"Chi non fa non falla" recita un vecchio adagio.
Proprio da qui parto per impostare un ragionamento pacato, scevro da pregiudizi e teorie complottiste sulle possibili ragioni della esclusione di Ravello- Costa d'Amalfi addirittura dalla short list per la nomina a Capitale italiana della cultura 2020.
È quindi giusto, in primo luogo, dar merito a quanti con impegno e dedizione hanno da mesi inseguito questo sogno ambizioso e sfidante, i più lavorando lontano dai clamori mediatici ma orientati in maniera coesa (si sa quanto sia difficile superare le logiche di campanile soprattutto in Costiera) verso un obiettivo tanto prestigioso.
Se vogliamo vedere il bicchiere mezzo pieno, l'essere riusciti a coordinare le mille anime che caratterizzano le nostre zone per atavico sedimento culturale, socio-economico, geopolitico, rappresenta di per sé un successo o, almeno, un buon viatico per future, analoghe iniziative: sempre che tale condivisione non sia stata solo estemporanea e di facciata, come in altre occasioni è già purtroppo accaduto.
Che cosa quindi non ha funzionato?
È evidente che siamo nel campo delle supposizioni e decine possono essere le motivazioni alla base dell'esclusione che con tutta probabilità rimarranno segrete.
Faccio una premessa: quando ho letto e riletto il corposo dossier presentato avevo annotato delle modeste osservazioni che, in accordo col Direttore de Il Vescovado (a dispetto di quanto qualcuno va blaterando), decidemmo di non pubblicare perché potevano essere controproducenti per l'iter concorsuale in corso, un piccolo granello di sabbia in un ingranaggio che - secondo quanto sbandierato ai quattro venti - non poteva che portare alla vittoria da tutti ( e sottolineo da tutti) auspicata.
Per carità, niente di così straordinario, solo alcuni rilievi di merito e di metodo che mi derivavano da una seppur minima esperienza di project management.
È solo ipotizzabile che i componenti del gruppo di valutatori si siano attenuti esclusivamente a tali principi se, come ci è stato ripetuto, non si premiava il passato (non ci, sarebbe, in tal caso, stata gara) ma proposte concrete e realizzabili in un immediato futuro.
Ecco il mio sommesso parere:
1) Mi sembrava che nel dossier mancasse o fosse troppo generica la declinazione dei costi sottesi ai singoli progetti la cui struttura è sempre l'elemento cardine e preliminare nel giudizio di chi ti valuta. La struttura dei costi (di base, congiunti o emergenti) va sempre circostanziata insieme alle relative coperture. In più parti del dossier si parla spesso e soltanto di "costi indicativamente stimati".
2) Altrettanto indeterminato mi appariva (nonostante alcune pagine dedicate ai cronoprogrammi) la definizione degli step e degli Stati di Avanzamento Lavori dei singoli progetti.
Per fare un esempio: se si dichiara che è vitale per la riuscita del progetto complessivo la risoluzione della situazione incancrenita della mobilità, si sarebbe dovuto dettagliare nel dossier (sempre se non specificatamente escluso dal bando di concorso) almeno un caso esplicativo (ad esempio: viabilità costiera o strada di Chiunzi) i cui tempi non fossero aleatori ma circoscritti passo passo. Quello, in altri termini, che i bravi chiamano "Gantt di progetto" (dire cioè che l'inizio lavori sarebbe stato il... il primo lotto realizzato il... la pulizia dei costoni entro il... la conclusione il...).
Chiaramente come in tutti i progetti ci potevano essere scostamenti temporali e realizzativi e, qui, si entra in un'altra potenziale mancanza:
3) quella della risk analysis, la disamina dei rischi (prevedibili o meno) che possono ritardare o addirittura compromettere fasi intere del progetto.
Nel merito, mi limito ad osservare che alcune proposte forse sono apparse al comitato giudicante solo come pannicelli caldi a fronte di problematiche importanti e insolute.
Ad esempio sulla sanità non mi è parso di individuare nel dossier risposte chiare e risolutive sulla pesante incertezza che grava sul presidio sanitario di Castiglione (presenza h 24 dei medici, posti letto, continuità di prestazioni etc) ma esclusivamente idee di contact center multilingue o connessioni telematiche con gli Ospedali maggiori). Per essere brutali: se un turista cinese si fosse sentito male, poteva sì trovare un interprete madrelingua che comprendesse la sintomatologia ma poi, nel dossier, non mi sembra ci fosse l'assicurazione di trovare di notte a Castiglione, per intervenire sullo stesso paziente, un cardiologo o un radiologo e si sarebbe stati costretti comunque a trasportarlo chissà dove. Nel frattempo il turista poteva morire ma vuoi mettere la soddisfazione di morire se qualcuno ha compreso cosa aveva detto mentre gli veniva un infarto?
Qualcuno (ben istruito o aizzato) ora potrebbe contestarmi il fatto di non aver detto queste cose prima. Oltre alle motivazioni che ho espresso all'inizio ce n'è un'altra che, da più di un mese, mi tengo dentro perché mi ha causato profonda amarezza.
Sono stato definito in un consesso pubblico per gli auguri di Natale (chiaramente in assenza di contraddittorio) e quando tutti si dichiaravano pervasi dall'atmosfera di pace e concordia, "Catone il censore".
Pur collaborando da sempre al "Fogliaccio" o al "Giornalino" non penso di aver mai avuto atteggiamenti o scritti pregiudizialmente ostili. Mi sono sempre limitato, ritengo con la correttezza e l'educazione che mi è stata inculcata in famiglia, ad esprimere il mio parere di buon senso, mai adulatorio, asettico o interessato, su argomenti che attenevano alla vita civile e politica della mia Ravello.
Per molto tempo, come noto, il dossier è stato secretato e quindi nessuno (e men che mai chi rientra nella conventio ad excludendum decretata da qualcuno) avrebbe potuto dare contributi senza essere tacciati (anche questo mi è toccato sentire) di disfattismo o di essere bastian contrario a prescindere.
Contributi offerti - per quanto mi riguarda - senza la velleità di passare alla storia ma solo, come dice il Commissario Ricciardi nei libri di De Giovanni, perchè da Ravello "sono partito ma non me ne sono mai andato" e quindi la sua storia, il suo prestigio, il suo futuro mi sta a cuore più di ogni altra cosa.
Poi, quando il dossier è stato graziosamente fatto conoscere, ogni osservazione sarebbe stata pleonastica, tardiva, malintesa o, peggio, strumentalizzabile da chi era in concorrenza con Ravello in questa battaglia così ardua, secondo qualcuno (vedi Sgarbi) inutile, sicuramente stimolante ma che comunque poteva essere vinta.
Forse anche evitando di ostentare sfrontata sicurezza (o sicumera?) davanti a telecamere compiacenti e suppoters interessati.
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