Tu sei qui: Attualità‘Per noi fare presto è già troppo tardi’. Il ricordo di Padre Gianfranco Grieco
Inserito da (redazionelda), domenica 7 marzo 2021 16:33:47
di Salvatore Amato
‘Per noi fare presto è già troppo tardi'. L'aveva mutuato da un gesuita, pare un caporedattore di Radio Vaticana. E quel motto ha costituito sempre la sottile filigrana che ha animato l'infaticabile impegno di una operosa esistenza al servizio della grande Famiglia dei Frati Minori Conventuali e della Chiesa. Fino a quando una malattia incurabile, affrontata con dignità e discrezione, ne ha consumato la pur robusta e vigorosa fibra di uomo lucano. Quella terra di antica civiltà mai dimenticata, ma lasciata in tenera età per una scelta che gli avrebbe cambiato la vita. Nel settembre 1954, appena undicenne, accolto dalle amorevoli premure dell'indimenticabile P. Andrea Sorrentino, varcava la soglia del Convento di San Francesco di Ravello, il luogo del cuore in cui più forte avrebbe avvertito l'orgogliosa appartenenza alla sua Lucania.
Ad un mese dal suo ingresso nel Collegio Serafico, al giovane fanciullo ‘venuto da un paese del Vulture' si aprivano davanti agli occhi le terribili immagini dell'alluvione che colpì duramente la Costa d'Amalfi. Momenti, come avrebbe poi scritto pochi anni fa, che ‘portava ancora scolpiti nell'anima'. «Dal piccolo campo sportivo della dimora serafica si poteva osservare il mare che aveva perduto i suoi colori: tronchi di alberi, letti di ferro battuto, sedie, armadi e corpi morti giacevano sul letto del mare fangoso, inquieto e nemico». Anche in quell'occasione, come più volte avverrà nel corso della sua vita, P. Gianfranco aveva invocato il conforto del Beato Bonaventura da Potenza, venerato quotidianamente "dinanzi alla mirifica arca dei tuoi portenti".
Ma la formazione religiosa e i numerosi impegni al servizio della Santa Sede in qualità di inviato speciale per l'Osservatore Romano nei viaggi pontifici e di Capo Ufficio del Pontificio Consiglio per la Famiglia lo avrebbero portato inevitabilmente lontano da Ravello, senza mai recidere, però, il cordone ombelicale che lo legava alla Città della Musica, della quale desiderava diventare ufficialmente cittadino.
Un privilegio che avrebbe sicuramente meritato per le numerose iniziative spirituali, sociali e culturali, di cui restano testimonianza indelebileGiornate della Memoria, Natali di solidarietà, Convegni di Studio, presentazioni di libri, mostre documentarie e momenti altamente celebrativi.
Tutti animati da un sentimento di profonda gratitudine nei confronti dei suoi antichi maestri francescani, quei ‘giganti', come amava definirli, che a Ravello avevano lasciato un segno profondo nella vita religiosa e sociale.
Proprio alle figure dei testimoni e dei maestri francescani aveva dedicato buona parte della sua sterminata produzione editoriale, a partire da quella fortunata opera dedicata al BeatoBonaventura da Potenza: "Il pellegrino della Costiera", edita nel 1989, fino a giungere all'auspicata biografia di fra Antonio Mansi: "Il figlio più grande", pubblicata nel 2018.
Nei trent'anni che intercorrono tra i due titoli, P. Grieco ha offerto il suo prolifico contributo di acuto giornalista e di puntuale cronista anche a tante altre figure di uomini e donne di Dio, che hanno illuminato la vita della Chiesa e delle comunità in cui hanno operato.E questo privilegio è toccato anche a Ravello.
Ce lo ricordava, nel 2017, in un articolo apparso sulla rivista «Luce Serafica», nel quale, preparando i lettori agli appuntamenti centenari che avrebbero ricordato il solido legame tra la Città e l'Ordine dei Frati Minori Conventuali, invitava «a fare un cammino a ritroso, guardando, nel contempo, al futuro, in compagnia con persone che con la loro permanenza a Ravello hanno santificato e benedetto i giorni della loro dimora tra le nostre chiese, le nostre case e le nostre strade lasciando il profumo francescano e mariano del loro passaggio».
Così, con infaticabile impegno e il supporto di pochi amici, preparava il centenario della morte di fra Antonio Mansi, nel 2018, e del passaggio di San Massimiliano Kolbe a Ravello, di cui resta a imperitura memoria la lapide collocata il 30 ottobre 2019 alla fine dell'abitato di Sambuco, grazie alla generosa disponibilità di una famiglia della frazione.
Coronamento di questo percorso della memoria è stato l'avvio della causa di beatificazione proprio di fra Antonio, aperta nel Palazzo del Vicariato di Roma, l'8 marzo 2019, della quale costantemente s'interessava per fornire le testimonianze più utili alla postulazione.
I nomi dei ‘giganti' sarebbero ritornati, ancora una volta, nell'ultima opera che il conventuale lucano aveva consegnato alle stampe alla fine del 2020, nei giorni in cui era ricoverato e cominciava la sua personale Via Crucis.
Con il titolo San Francesco, santuario dell'altissimo glorioso Dio, l'Autore, forse presago del poco tempo che avrebbe ancora vissuto, compiva un lungo viaggio nel rimeditare gli aspetti storici e teologici legati alle esperienze della fede, considerando alcuni elementi fondanti della vita religiosa: il santuario e il pellegrinaggio.
Ora che il suo pellegrinaggio terreno è terminato, le eredità che lascia alla Città di Ravello sono molteplici, a cominciare dall'impegno nel seguire la causa di beatificazione di fra Antonio Mansi e nel programmare gli eventi per l'VIII centenario del passaggio del Serafico Padre a Ravello, che la tradizione vorrebbe sia avvenuto nel 1222.
A questi appuntamenti, che avrebbe vissuto sicuramente da protagonista, padre Gianfranco veglierà dalla sua nuova dimora, affacciato ‘sopra il cielo di Ravello' a ricordarci, ancora una volta, che "per noi fare presto è già troppo tardi". Addio!
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