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Inserito da (admin), sabato 4 giugno 2016 00:40:14
Il documentario sfortunato di Ernesto Pagano "Napolislam" è davvero sorprendente. Doveva uscire il 25 novembre dello scorso anno in molte sale italiane, ma dopo gli attentati di Parigi si è preferito evitare. Scelta comprensibile per certi versi. Eppure, forse, la proiezione in quei giorni sarebbe stata la cosa più giusta da fare.
Il documentario parla di Islam, di conversioni di giovani donne e uomini napoletani, ma allo stesso tempo non è un film che parla solo di religiosità. Ci sono tanti temi che convivono: la disoccupazione, la crisi economica, l'Isis, i mass-media. Ma soprattutto c'è Napoli, che non è un semplice palcoscenico.
L'intento del regista non è quello di sconvolgere o stupire. Sarebbe stato anche facile mostrare i contrasti tra le nostre culture ("Questa non è una religione" dice una delle ragazze convertite "è una cultura"). E invece a colpire è proprio la quotidianità e la tranquillità del vissuto dei protagonisti. Non che l'islam a Napoli sia una novità: il rapporto con il medio-oriente e l'islam è secolare. Ma la mutazione genetica napoletani-islamici è davvero interessante.
Sono gli italiani convertiti a parlare e raccontarsi, ma non direttamente: la telecamera riprende discussioni tra poche persone e questo conferisce una sensazione di intimità senza artifici (anche se c'è sempre la telecamera). Solo in una scena vediamo Agostino, l'imam di Piazza Mercato che si rivolge ai fedeli in preghiera. Per il resto, la scelta stilistica è chiara e fa comprendere quanto la religione ed il rapporto con Dio sia una questione personale ed intima, dove i condizionamenti sociali e familiari contano meno di quanto si pensa.
Il problema dei condizionamenti ritorna più volte soprattutto nelle storie femminili: entrambe le ragazze del documentario sono fidanzate o ex-mogli di uomini musulmani, ma con risvolti molto differenti.
Le storie non sono tante, ma sono interessanti e non stereotipate. Fa sorridere la moglie anziana di un napoletano convertito sulla sessantina che dubita dell'esistenza di Dio.
C'è poi un ragazzo convertito del Movimento dei disoccupati che trova nell'islam una nuova ragione per andare avanti.
Una delle ultime scene senza dialoghi è eloquente: si vedono la sera i festeggiamenti in onore della Madonna ed il giorno dopo nella stessa piazza, uomini e donne musulmani che pregano. Potrebbe sembrare un messaggio sul nuovo culto che avanza, quasi una profezia, ma non è così: è una fotografia della realtà, dove non esiste una sola Napoli, ma tante Napoli, vicine, ma parallele.
Infine la ricetta del Casatiello napoletano "halal" (che in arabo significa "lecito") con prosciutto di tacchino, non ha pari.
E Salerno che c'entra? Più di quello che si pensa: nel film stesso l'imam dice di venire a Sarno dove la presenza dei migranti musulmani come sappiamo è massiccia. L'islam è molto presente anche da noi.
Far vedere il film dopo la strage di Parigi era una buona idea. Le differenze esistono, ma la verità è che sono più vicine di quanto si pensi: sono in noi.
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