Tu sei qui: AttualitàLuigi Di Lieto: un maestro e un testimone
Inserito da Francesco Criscuolo (redazionelda), sabato 19 settembre 2015 20:50:04
di Francesco Criscuolo*
Poco più di un mese fa si concludeva il lungo cammino di umanità, di tenacia, di lungimiranza, di fede portato a sereno compimento dal direttore didattico Luigi Di Lieto, benemerito cittadino minorese.
Gli interventi svolti al rito esequiale, la presentazione postuma della sua ultima opera letteraria, la presenza di tante persone per l'estremo saluto stanno ad indicare la quantità e la qualità della fittissima trama di relazioni che lo ha circondato.
Commemorarlo è, dunque, un atto di giustizia e di amore, che, pur non bastando a coprire il vuoto determinato dalla sofferenza per la sua dipartita, consente di riflettere, sia pur molto brevemente, su un percorso ad ampio spettro intellettuale ed umano, che si è articolato in più tappe, tutte ugualmente rilevanti.
E' un percorso, che risale agli anni del dopoguerra, quando dopo gli enormi disagi, gli stenti, i patimenti subiti nel corso degli eventi bellici, come Enea dopo l'incendio di Troia, si mise in cammino alla ricerca del suo futuro, rectius alla ricerca di vie che meglio illuminassero il suo futuro. In questo periodo, che coincide con la sua giovinezza, si dedicò, con un entusiasmo che traspariva da una fattiva operatività, all'assolvimento di compiti di notevole spessore culturale e sociale, quali l'impegno politico-amministrativo come assessore comunale, l'animazione e la regia della filodrammatica locale, la Presidenza del Comitato festa, la Direzione del centro sociale.
Fu lui, quale Presidente del Comitato Festa, negli anni 1954 - 55, a ideare, a volere e a dare la giusta collocazione alle quattro statue degli evangelisti, che adornano bellamente la parte inferiore del prospetto di ingresso della Basilica di S. Trofimena.
Quale direttore del centro sociale ebbe modo, attraverso l'educazione alla lettura, di fornire a tanti giovani, con alle spalle situazioni di povertà economico-familiare e di scarsità di stimoli ambientali, occasioni di crescita e di preparazione, che andavano al di là della semplice formazione scolastica.
Parallelamente intraprese l'attività che gli era più congeniale, quella di maestro nelle scuole elementari di questo comprensorio, che, come quella successiva e ultraventennale di direttore didattico, si fondò su due assi portanti: la passione pedagogica e la lucidità pragmatica. Con l'una rafforzò la sua indubbia caratura dottrinale (peraltro all'epoca era uno dei pochi maestri laureati nella provincia di Salerno), con l'altra rese quotidianamente efficace la sfera dell'azione educativa, mettendo in campo quella che il sociologo francese Edgar Morin ha definito, in riferimento ai veri maestri, l'arte della seduzione, cioè la capacità di affascinare, di attrarre a sé, per l'appunto di sedurre anche gli alunni più riottosi e svogliati. E ciò ottenne non in relazione alla classe astrattamente intesa, ma rimanendo vicino ai singoli alunni, specie ai più fragili, ai più deboli e, come un medico che presta attenzione alla persona malata più che alla malattia, usò l'affetto e la flessibilità necessari a personalizzare l'apprendimento, mai concepito come un processo meccanico. E nel caso di risultati insoddisfacenti aiutava il ragazzo in difficoltà non tanto a trovare la sua strada, ma a costruirsela.
Verso quanti erano in fase evolutiva sentì forte il dovere di avere dei doveri, prima di tutto quello di por mano a un'educazione senza scarti, come si esprimerebbe oggi Papa Francesco, e, in secondo luogo, quello della concretezza, che fu la vera cifra del suo agire scolastico. Ciò non tanto per un motivo professionale, quanto per il fatto che per lui, come si intuiva chiaramente ascoltandolo o parlandogli, ogni rapporto umano era un rapporto squisitamente educativo. La propensione a instaurare un legame empatico con gli altri, lo ha aiutato anche a superare momenti difficili e drammatici.
Venne, poi, negli ultimi anni ‘80, il momento del ritiro dal servizio attivo. Forse oggi si ha paura di pensarlo, ma è stato Trotzkj a dire che niente arriva all'uomo più inaspettato della vecchiaia. La pienezza della maturità può ridursi a una fase di intorpidimento anche mentale, in cui ci si intristisce nello sterile rimpianto del passato o può essere il terreno fertile per l'elevazione dello spirito e per la contemplazione.
Il nostro scelse questa seconda strada, sicché i suoi ultimi anni sono stati quelli di più intensa produttività e di più felice creatività. Una ventina di pubblicazioni ne fanno di volta in volta il vate della storia di Minori e di tante usanze locali a rischio di dispersione e di oblio, il sagace interprete delle perle di saggezza popolare, l'artefice di un connubio tra il fervido dispiegarsi della fantasia e l'appassionata aderenza alla realtà.
Negli scritti letterari, come in gran parte dei suoi quadri di pittura, si intravede una fine abilità narrativa, unita all'acuta capacità introspettiva propria del conoscitore dell'animo umano, come viene in rilievo soprattutto nel testo "Pensieri in libertà", la cui profondità di riflessione filosofico-teologica sui temi fondamentali del vivere, il rapporto dell'uomo con Dio e con il prossimo, la vita ultraterrena, la libertà umana, il senso delle relazioni sociali, rimanda alle meditazioni metafisiche di ascendenza cartesiana.
E' stato veramente una testa pensante, al di fuori di ogni presunzione o velleità.
Uno dei più illustri scrittori e oratori dell'antica Atene, Isocrate, ponendosi la domanda "chi chiamo io uomo colto?", descrive i molteplici tratti distintivi degli uomini di cultura e così conclude: "Cosa più importante di tutte, gli uomini di cultura sono quelli che non si lasciano corrompere dal successo, non vanno fuori di testa, non diventano superbi, ma restano ben saldi sulla linea della moderazione e della correttezza. Questi sono da considerarsi, oltre che colti, uomini completi".
A questa categoria possiamo ascrivere Luigi Di Lieto.
I nostri pensieri si elevano e, più radicalmente, si inverano nel sentimento onnicomprensivo e mai esauriente della riconoscenza da parte dei meno giovani che possono rivivere una fase della loro esperienza e da parte dei più giovani, purtroppo impoveriti di passioni e di ideali, che possono scoprire il valore edificante della vita esemplare e luminosa di uno dei figli migliori di Minori, di un protagonista della realtà scolastica locale e provinciale, di un testimone autentico dei nostri tempi tormentati, di un uomo buono, retto e pio, che, per dirla con Dante, "fu di onor sì degno" (Inf. XIII, 75).
* docente, già preside del Liceo "Ercolano Marini" di Amalfi
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