Tu sei qui: AttualitàLettera ai futuri infartuati in Costa d'Amalfi
Inserito da (redazionelda), domenica 2 aprile 2017 09:10:28
di Paolo Russo*
Cari infartuati futuri, cari ignoti pazienti che vi ritroverete con un accidente cardiaco trasportati d'urgenza al Pronto Soccorso più vicino. Mi rivolgo a voi senza conoscervi, sperando che siate pochi o pochissimi, ma sapendo che non sarà così. Anzi, mi rivolgo in particolare a quelli di voi per i quali il Pronto Soccorso più vicino è Castiglione di Ravello, quello che sarebbe dovuto essere un "Ospedale in zona disagiata" ma che di fatto è disagiato senza mai essere diventato ospedale. Voglio mettervi sull'avviso, invitarvi alla calma. Perché la tensione, lo stress, è risaputo, sono di per sé fonti di rischio cardiocircolatorio: è indispensabile restare fiduciosi, non allarmarsi quando le coronarie fanno le bizze, dare serenamente credito alla mano esperta dei medici.
Ma è proprio questo il punto. Da oggi in avanti, se un miocardio stizzoso vi sorprenderà qui in Costiera amalfitana, accanto a voi non ci sarà alcun medico, non vi tranquillizzerà la voce umana, non potrete affidarvi alla sapienza di un cardiologo nella cui perizia riporre le vostre speranze di guarire. Non sentirete nessuno darsi da fare per voi, non percepirete il senso concreto di un aiuto vicino, e sarete inevitabilmente ancor più soli.
Intorno al vostro letto non ci sarà uno specialista in carne ed ossa, bensì un insieme di apparati comunicativi, chiamati nel loro insieme "telemedicina". So per certo che i burocrati della sanità, quelli che restano doverosamente ancorati alle cifre e alle cifre soltanto, non comprenderanno di che cosa sto parlando. Quelli che per mestiere ragionano essenzialmente di soldi e di razionalizzazione della spesa non potranno capire quanto conta, nella condizione del malato, l'aspetto psicologico, quanto è diverso il sentirsi curati da un uomo o da una macchina. E diranno, i burocrati, che "qualsiasi diagnosi, prognosi o terapia può effettuarsi efficacemente anche con la medicina a distanza" Appunto: a distanza. Ma all'ammalato non fa bene la distanza, gli fa bene il tono sereno della voce, il calore di una stretta di mano, un sorriso.
Siete certi, solo perché tutto questo non è citato nei protocolli, che non faccia parte della cura? Che tanti ammalati non si salvino, oltre che per i farmaci, anche perché hanno accanto un dottore a cui danno (e che dà loro) fiducia? Non credo che l'arte medica possa ridursi alla somma di più azioni raccordate, nessuno mi convincerà dell'affidabilità di un primario che non tocca il paziente, non gli ausculta il torace, non lo guarda negli occhi...
Mi fermo qui, amici futuri infartuati, volevo rassicurarvi ma forse queste osservazioni sono nocive, si trasformano esse stesse in un fattore ansiogeno, e magari avete già qualche extrasistole. Me ne scuso. E mi auguro che prima o poi faccia altrettanto il freddo burocrate che ha sostituito il conforto delle parole del cardiologo con il ronzio di una macchina. Ma, in verità, non ci spero.
*docente in Diritto, presidente del Consiglio Comunale di Minori
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