Tu sei qui: AttualitàCormez racconta quei festini di Picasso e Cocteau a Positano: così nacque «Parade»
Inserito da (redazionelda), domenica 9 aprile 2017 15:39:46
Lo scenario della rivoluzionaria opera Parade è uno dei più famosi dipinti di Picasso. Esso è però anche legato alla memoria di Sergej Diaghilev, il grande impresario che a Pietroburgo, fondendo nei Balletti Russi la pittura con la danza e la musica creò ai primi decenni del Novecento il Mir Isskustva. In altre parole, una nuova forma di arte. Parade, in particolare, nacque dalla collaborazione di quattro geniali personaggi. Erik Satie, che compose la musica, Jean Cocteau, che scrisse i testi. Pablo Picasso, che disegnò lo scenario e i costumi. E il primo ballerino Lèonide Massine, che curò la coreografia. Un quartetto davvero formidabile. A rivelarlo il Carlo Knight in un interessante articolo per le pagine culturali del Corriere del Mezzogiorno.
A Parigi, città capace per antonomasia di decretare il successo (o il flop) mondiale d’ogni nuova opera d’arte, tutti attendevano la prima di Parade con ansia spasmodica. Deciso ad assicurare fino all’ultimo istante la massima segretezza, Diaghilev aveva pertanto voluto che le prove si svolgessero lontano dalla Francia. E aveva preso in fitto, dalle Assicurazioni Generali, lo scantinato di un palazzo romano.
L’Italia però nell’aprile del 1917 stava purtroppo combattendo una guerra molto sanguinosa. A Roma arrivavano treni-ospedale provenienti dal fronte, carichi di feriti e salme dei caduti. E in quel tragico contesto dedicare attenzione all’addestramento di ballerini e musicisti poteva essere considerato biasimevole. I Balletti Russi dovevano fare qualcosa per conquistarsi il favore, o ancor meglio, la gratitudine dell’opinione pubblica. A Djaghilev venne così l’idea di offrire - prima al teatro Costanzi di Roma e poi al San Carlo di Napoli – una serie di spettacoli di beneficenza a favore della Croce Rossa. Purtroppo però egli non si rendeva conto che Napoli, dopo la fine del regno e la sparizione della corte, si era provincializzata. Essa quindi non sarebbe stata in grado d’apprezzare la magica raffinatezza e la modernità dei Balletti Russi.
Il fallimento fu tanto clamoroso quanto imprevisto. Alla prima rappresentazione il pubblico del San Carlo provò irritazione vedendo e udendo tante «stravaganze». E reagì, solo per cortesia, con pochi timidi applausi. La seconda replica fu un disastro. Al termine, assieme al sipario, calò sulla sala una cappa di gelido silenzio. La conclusione fu che alla terza replica, vedendo il teatro quasi vuoto, Diaghilev ordinò d’incollare sui manifesti la scritta «spettacolo annullato».
Diaghilev aveva però assunto come segretario un amico di Pietroburgo, che si chiamava Michail Semenov e viveva a Positano. Un vecchio mulino sulla spiaggia di Arienzo era stato da lui trasformato in abitazione. Fu Semenov a suggerire di trarre vantaggio dalle giornate diventate libere a seguito della cancellazione degli spettacoli. Egli consigliò a Djaghilev di compiere insieme con agli amici qualche escursione nei dintorni di Napoli. Il 23 aprile, dopo aver fatto sosta a Pompei – dove Picasso rimase letteralmente incantato dalla bellezza degli affreschi – il gruppetto raggiunse Positano. Quando vide le pittoresche casette positanesi aggrappate alla roccia, Diaghilev esclamò: «Ma questo è proprio un esempio straordinario, anzi unico al mondo, di villaggio verticale!». Lèonide Massine, ospitato da Semenov al Mulino di Arienzo, non riusciva a distogliere lo sguardo dalle Isole dei Galli. Gli piacevano tanto. Moriva dalla voglia di possederle. E giurò solennemente a sé stesso che un giorno le avrebbe comprate. Il resto della comitiva, sistematosi all’albergo Margherita, fu invece oggetto di festose attenzioni da parte del poeta svizzero Gilbert Clavel, il quale s’era ritirato a Positano e viveva in una torre antica accanto alla spiaggia del Furnillo. Clavel era entusiasta d’aver conosciuto Picasso. E aveva scritto a Basilea, al fratello René: «È stato interessante incontrare Picasso. A Napoli abbiamo trascorso insieme una serata molto allegra e vivacissima. Non mi dispiacerebbe se facesse il mio ritratto».
In verità a quella serata aveva partecipato pure una biondina molto attraente, che si era divertita a flirtare con Picasso. Tanto da renderlo protagonista di un sorprendente spettacolo, realisticamente così descritto da Clavel: «A tarda sera ho costatato che persino il suo pennello naturale (!) stava cominciando a diventare cubista». Il 25 aprile fu organizzata alla torre del Furnillo una cena in onore di Diaghilev. E in quell’occasione il compagno di Clavel, lo scrittore Italo Tavolato, bevve un po’ troppo. Stordito dagli effetti dell’alcol, Tavolato tentò di sedurre Cocteau. Indubbiamente Clavel non era bello. Ed, essendo gobbo, era pure molto piccolo di statura. Nonostante tanta bruttezza egli tentò però ugualmente di vendicarsi cominciando a corteggiare Massine. Egli ignorava probabilmente che il ballerino possedeva il cuore di Djaghilev. Quest’ultimo non gradì per niente lo scherzo. Anzi si arrabbiò. E l’indomani chiese a Semenov: «Dimmi un po’. Ci si può fidare di quel nano svizzero?».
Se, come spero, andrete a Capodimonte ad ammirare lo scenario di Parade, non dimenticate che quel capolavoro, oltre ad avere un’anima, possiede buona memoria. Non abbiate esitazioni. Provate a interrogarlo. Se riuscirete a farlo parlare, vi narrerà storie sui Balletti Russi più interessanti di quelle che ho cercato di raccontarvi.
Tratto dal Corriere del Mezzogiorno
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