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Inserito da (redazionelda), giovedì 19 gennaio 2017 19:22:31
di Antonio Schiavo
Spiace dirlo ma eravamo stati facili profeti quando il 26 Agosto scorso, dopo il primo, terribile sisma che colpì vaste zone del Centro Italia concludevamo il nostro pezzo così: «... Fra dieci giorni tutto tornerà come prima... le promesse reiterate, sempre uguali "Nessuno sarà lasciato solo" "Mai più" saranno presto dimenticate nei balletti della politica, nei piccoli cabotaggi parlamentari».
Ebbene, sono passati cinque mesi ed in quelle aree si sta ripetendo quanto da sempre accaduto in simili circostanze, dal Belice, all'Irpinia, a L'Aquila.
Fatte le passeggiate col caschetto d'ordinanza nelle zone rosse, sorvolati con adeguata copertura mediatica i paesi terremotati in elicottero, strette mani e date pacche sulle spalle, inondati i povericristi di promesse e comunicati stampa, nominato (ma che fine ha fatto?) un coordinatore per l'emergenza risuscitando improvvisamente Vasco Errani, tutto è rimasto fermo, cristallizzato.
Oggi nuove, forti, scosse, una prevedibile anche se eccezionale tempesta di neve (non siamo mica ai Caraibi) e le magagne sono venute fuori in tutta la loro cruda e vergognosa evidenza.
Strade ancora interrotte perché nessun intervento è stato posto in essere, cumuli di macerie che non sono stati nemmeno toccati da mesi, stalle non ricostruite (pensate ne hanno riattivate solo due su oltre 700), casette prefabbricate che- forse- saranno disponibili in estate, paesi isolati ancora una volta.
E lì, dolore composto, smarrimento, demoralizzazione e rabbia legittima nei volti di donne e uomini che vorrebbero non mollare, non abbandonare la terra dei loro padri, un mondo piccolo a cui sono indissolubilmente, disperatamente legati.
Non rincuora nemmeno il pur encomiabile lavoro degli eroici vigili del fuoco (le cui "laute" remunerazioni non arrivano a 1500 euro mensili) presenti sui luoghi del disastro 24 ore su 24, dei volontari e della protezione civile che fanno il loro dovere pur fra mille difficoltà e impedimenti burocratici.
E quelli delle promesse di cui sopra?
Sono tornati al calduccio familiare di Pontassieve o, impettiti ed ipocritamente costernati, sono ancora una volta in fila per l'ennesima, retorica passerella nel salotto buono di Bruno Vespa.
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