CronacaMatteo Messina Denaro usava i social network con un account falso

Matteo Messina Denaro, mafia, Cosa Nostra, Facebook, Instagram

Matteo Messina Denaro usava i social network con un account falso

Si presentava come un medico single, laureato alla Bocconi di Milano, e la sua foto profilo mostrava un cagnolino con un foulard, in modo da passare inosservato.

Inserito da (PNo Editorial Board), lunedì 22 aprile 2024 17:33:39

Come nella vita reale, Matteo Messina Denaro aveva una doppia identità anche sui social. Su Facebook e Instagram, però non era Andrea Bonafede, bensì Francesco Averna.

Si presentava come un medico single, laureato alla Bocconi di Milano, e la sua foto profilo mostrava un cagnolino con un foulard, in modo da passare inosservato.

Secondo quanto riportato da Repubblica, Messina Denaro usava Facebook principalmente per la messaggistica privata su Messenger, interagendo con numerose donne, alcune delle quali ha persino incontrato di persona.

I militari del Ros hanno scoperto che con questo nome fittizio, il latitante si era persino presentato a un tecnico della lavastoviglie convocato nella sua residenza di Campobello di Mazara nell'agosto del 2020.

Matteo Messina Denaro è considerato tra i criminali più pericolosi al mondo, coinvolto in numerosi omicidi e nell'organizzazione del sequestro e dell'uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo, rapito per costringere suo padre a ritrattare le sue testimonianze sulla strage di Capaci.

Nato nel 1962 a Castelvetrano, ha preso il comando della mafia, inizialmente nella provincia di Trapani e poi in tutta la Sicilia, mantenendo fedeltà ai capi mafiosi Totò Riina e Bernardo Provenzano. La sua latitanza è iniziata nel 1993 e, nonostante i numerosi sforzi delle forze dell'ordine per catturarlo, è riuscito a sfuggire grazie a una vasta rete di protezione, coinvolgendo anche persone influenti.

L'arresto di Messina Denaro il 16 gennaio 2023 a Palermo, mentre si trovava in una clinica privata per delle terapie, è stato accolto con sollievo e celebrazione da parte delle autorità e dei cittadini italiani, segnando la fine di una delle latitanze più lunghe e pericolose nella storia della criminalità italiana.

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